2012-02-12 14:29:21

Giornata mondiale della radio. Il coraggio di Radio Shabelle in Somalia: "ma nessuno ci aiuta"


Il 13 febbraio si è celebrata la prima Giornata mondiale della radio. Un mezzo di comunicazione fondamentale per la libertà di espressione e la ricerca della pace, che spesso nelle zone più povere del mondo qualcuno tenta di ridurre al silenzio. Cinque giornalisti di Radio Shabelle di Mogadiscio, in Somalia, sono stati uccisi nei mesi scorsi. L’ultimo è stato il direttore Hassan Osman Abdi, assassinato il 28 gennaio. Massimo Pittarello ha chiesto al vicedirettore di Radio Shabelle, Mohamed Amiin Adow, quale sia il ruolo dell’emittente:

R. – It is an independent radio station and it is the last independent radio …
E’ una stazione radiofonica indipendente ed è l’ultima radio indipendente in tutta la Somalia; è composta di una stazione televisiva e radiofonica, che trasmette notiziari per gli ascoltatori di lingua somala.

D. – Negli ultimi anni, cinque vostri giornalisti sono stati uccisi, l’ultimo il 28 gennaio, quando Hassan Osman Abdi, detto “il fantastico”, è stato ucciso a 30 anni, nella sua casa, da un commando di cinque uomini. Ha lasciato tre figli. E’ stata un’esecuzione? Avete sospetti su qualcuno?

R. – Really, it was an assassination and an execution. He was followed by …
E’ stato veramente un omicidio, un’esecuzione. E’ stato seguito da questo gruppo di uomini armati; vicino a casa sua l’hanno fermato e gli hanno sparato. Si è trattato veramente di un omicidio premeditato perché lui era il direttore della nostra emittente radiofonica. Al momento attuale, non sappiamo se vi siano sospettati trattenuti dal governo; il governo stesso ha detto che avrebbe avviato un’inchiesta. Ma, vede, non è il primo giornalista di Shabelle ad essere ucciso: è stato il quinto. Prima di lui, altri due direttori sono stati assassinati e nessuno è stato ritenuto responsabile della morte dei giornalisti e dei direttori dell’emittente. In Somalia, per noi è veramente pericoloso lavorare, ma siamo determinati a continuare il nostro lavoro, perché è importante per il Paese. Noi spieghiamo i pericoli ai quali il Paese è esposto. Noi crediamo che i mezzi di comunicazione liberi siano parte integrante della democrazia e del buon governo. Quindi, l’obiettivo principale di coloro che ci hanno preso di mira – e questo è visibile a tutti – è di ridurci al silenzio. Ma noi non taceremo mai. Questo è il modo in cui noi, qui in Somalia, siamo determinati.

D. – Lei ha paura nel continuare il suo lavoro?

R. – Absolutely we are scared, because we have lost very important persons, …
Certo che abbiamo paura, perché abbiamo perso persone molto importanti per noi, ma proprio per questo noi siamo impegnati e determinati a continuare nel nostro lavoro, anche se abbiamo paura. Non possiamo permetterci di avere paura perché là fuori c’è gente che ci dà la caccia, vuole ucciderci … Nessuno vuole morire, ma lo scopo principale dell’emittente è continuare la sua missione. Saremo prudenti, perché la situazione può diventare molto pericolosa per i giornalisti e per i dipendenti dei mezzi di informazione; Mogadiscio può diventare la città più pericolosa al mondo per i giornalisti. Ma noi sentiamo che dobbiamo continuare a lavorare; ci hanno preso di mira. Noi vogliamo trasmettere la verità che c’è sul territorio. Lei ha assolutamente ragione: abbiamo paura, ma intendiamo continuare il nostro lavoro.

D. – Questo è quello che si definisce “coraggio”: quando conosci il pericolo ma non ti arrendi … Vuole rivolgere un appello all’Occidente e al mondo intero?

R. – Yes, absolutely: I want to make an appeal …
Sì: voglio lanciare un appello a tutto l’Occidente, ma specialmente al governo italiano, che ha un rapporto storico con la Somalia. Il nostro appello è che chiediamo supporto politico, che nello specifico è una risoluzione che condanni le uccisioni, gli omicidi, l’oppressione dei media somali. Nel frattempo, noi – Radio Shabelle – ci siamo dovuti spostare da Bakara Market, perché era finita sotto il controllo degli al Shabab, ed abbiamo perso tanta attrezzatura perché non siamo riusciti a portare via tutte le nostre cose: alcune ce le hanno portate via … Abbiamo perso alcuni dei nostri migliori collaboratori … Ecco, chiediamo aiuto a chiunque ce ne voglia dare: dai governi e da chiunque, dalla formazione all’assistenza politica, appunto con una risoluzione di condanna. Mi rivolgo ai governi occidentali affinché dimostrino di essere dalla parte dei media liberi in Somalia.

D. – Quali sono le fonti delle vostre notizie?

R. – The sources of our information is from the locals, often. We have staff on the …
Spesso le nostre fonti sono le persone del posto. Abbiamo nostri giornalisti sul posto, che girano in cerca di notizie; parliamo con le vittime della violenza in Somalia: sono loro, il nostro ufficio informazioni. Da quando è in corso il conflitto, invece di sottometterci al potere di coloro che commettono crimini, ascoltiamo le vittime: ecco perché le vittime della violenza in Somalia sono il nostro primo ufficio informazioni. Poi ci sono i funzionari locali, quelli governativi e molti personaggi somali: noi spingiamo tanto per parlare con loro. Loro sono disposti a parlare con noi e noi siamo disposti a parlare con loro per arrivare a conoscere le singole vicende. Noi siamo completamente indipendenti da qualsiasi gruppo, in Somalia.

D. – Da un punto di vista economico, come fate a sopravvivere? Come fa Radio Shabelle a trovare i fondi, pagare le trasmissioni ed i giornalisti?

R. – That’s a good question. We don’t get, normally, financing from anyone …
E’ una domanda interessante. Normalmente, non riceviamo finanziamenti da nessuno, fuorché dalla pubblicità commerciale locale, ma questo non porta molto denaro. Le nostre uniche entrate vengono dalla pubblicità commerciale: non abbiamo altre fonti. Noi non abbiamo ricevuto dei finanziamenti per progetti per la costruzione della pace da media dell’Unione Europea, in particolare dalla Commissione per la Somalia. Le nostre risorse, quindi, sono molto limitate. Ma la nostra determinazione è centrale al nostro lavoro: noi siamo determinati ad aiutare il nostro Paese a riprendersi. Ormai, questo conflitto dura da oltre vent’anni e noi sentiamo che dobbiamo essere noi a ricostruire la Somalia: ecco dove affonda la nostra determinazione. Ma nessuno ci dà una mano, ma proprio nessuno …

D. – Lei è testimone della speranza di pace della Somalia. Ma qual è la vera speranza di pace per la Somalia?

R. – It’s unfortunate that our Country became a source of violence for the Somali …
E’ una sventura che il nostro Paese è diventato fonte di violenza principalmente per il popolo somalo, ma anche in seconda istanza per la gente di tutto il mondo; in realtà, non sono soltanto i somali ad essere vittime della violenza in Somalia: anche gente della comunità internazionale è caduta vittima della violenza in Somalia, degli islamisti violenti, dei jihadisti e di altri gruppi violenti. La nostra speranza è che la gente nel mondo non pensi che tutti i somali siano violenti: la gente del posto è efficiente, buona, vuole che il Paese torni a camminare sulle sue gambe e noi facciamo parte di quelle persone. Ecco perché la comunità internazionale non deve abbandonare la Somalia, perché altrimenti la violenza si diffonderà – come d’altronde già si è diffusa colpendo persone di ogni parte del mondo. Noi non ci arrenderemo, noi continueremo a lavorare per una Somalia migliore. La comunità internazionale a sua volta non deve rinunciare, deve fare affidamento sulla gente del posto, sui nostri eroi, che vogliono vedere la Somalia risorgere. Quindi, la nostra è una grande speranza, una speranza che è anche incentrata sul summit sulla Somalia che si terrà a Londra, il 23 febbraio prossimo. Siamo convinti che tutta questa violenza finirà.

D. – I somali vi sono riconoscenti per il lavoro svolto?

R. – Absolutely! All are really grateful for our work. …
Assolutamente sì! Tutti ci sono riconoscenti, veramente, per il nostro lavoro. Tutti ascoltano la nostra emittente. Mogadiscio è una città molto pericolosa: la gente riceve costantemente informazioni sulla situazione e vengono a sapere se la direzione che stanno seguendo è “sicura”. Noi copriamo tutto quello che accade in ogni strada e in ogni distretto di Mogadiscio. E quindi, la gente ci è riconoscente. Ma noi forniamo anche intrattenimento: la nostra radio ha rifiutato un ordine di al Shabab che ci intimava di interrompere le trasmissioni di musica. Quindi, alla gente forniamo intrattenimento e indicazioni per la sicurezza, e per questo la gente ci è riconoscente. E questo ci aiuta a tenere alto il morale: loro ci amano, ci sono riconoscenti e noi sappiamo che le necessità della gente sono sempre lì … Per questo noi dobbiamo continuare a lavorare per loro. (gf)







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