2012-02-10 14:03:45

Rischio di guerra tra Sudan e Sud Sudan per la gestione del petrolio. Schierate le truppe lungo il confine


Ancora tensioni tra Sudan e Sud Sudan. Al centro della crisi la gestione del petrolio, che dal meridione passa attraverso il territorio di Karthoum. I due Paesi hanno annunciato di aver schierato truppe lungo il confine. In particolare un appello per la regione contesa dei Monti Nuba è stato lanciato dal vescovo di El Obeid, mons. Macram Max Gassis. Il presule parla drammaticamente di strage dimenticata, Sul rischio che si arrivi ad un conflitto armato più generale, Giancarlo La Vella ha intervistato Giovanni Sartor della Campagna Italiana per il Sudan:RealAudioMP3

R. – Da un certo punto di vista, un confronto armato è già in corso. In realtà, si tratta di una serie di conflitti, a bassa intensità, che si stanno svolgendo nelle zone di confine. Che si arrivi ad un conflitto armato ufficiale tra due eserciti, però è un’ipotesi abbastanza improbabile - anche se chiaramente ci sono dei segnali in questo senso -, perché in questo momento non converrebbe a nessuno dei due Stati attivarsi in una campagna bellica che coinvolgerebbe, in maniera complessiva, i mezzi finanziari dei due Paesi. E’ più probabile, invece, un’escalation di conflitti nelle aree contestate o delle scaramucce su determinati problemi, più che un conflitto armato su larga scala tra i due Paesi.

D. – Per quale motivo le tensioni tra Karthoum e il Sud, nonostante l’indipendenza sia arrivata con il beneplacito del Sudan, non si sono mai sopite?

R. – Perché ci sono degli interessi differenti sul campo, riguardanti questioni che non sono state risolte nel momento dell’indipendenza. Primo fra tutti, perché ha un impatto economico significativo in entrambi i Paesi, il discorso del petrolio. L’altro grosso problema, invece, è quello dei confini: ci sono alcune zone del Paese che non è chiaro se appartengano al Sudan o al Sud Sudan. Il terzo problema è legato alle aree contese. Si tratta di tre regioni, che sono l’Abyei, il Kordofan del Sud, più conosciuto come la zona dei Monti Nuba, e lo Stato del Nilo Azzurro. Tutti e tre hanno combattuto al fianco del Sud Sudan la guerra ventennale contro il governo di Khartoum. Due di queste sono ora ufficialmente del Nord Sudan, mentre la terza, l’Abyei, non ha ancora definito il suo status e resta un po’ in bilico tra i due Paesi.

D. – Questa situazione sta mettendo in crisi i programmi umanitari internazionali, partiti già ai tempi in cui il Sudan era unito?

R. – Di sicuro questa situazione, in realtà, sta creando soprattutto nuovi profughi e nuovi rifugiati, che fuggono sia verso il Sud e sia verso l’Etiopia. Nelle zone in cui sono in corso questi conflitti a bassa intensità – e non va dimenticato il Darfur, che si trova comunque ancora in una situazione di conflitto – è chiaro che gli interventi umanitari sono largamente limitati, nel senso che è diventato difficile anche solo intervenire a livello umanitario. E questo avviene soprattutto nel Sudan, perché alle agenzie umanitarie non vengono date molte possibilità di intervento nel soccorso dei profughi e delle persone che fuggono dalle zone di conflitto. Al Sud, invece, la situazione è leggermente migliore, almeno dal punto di vista dell’accesso, però resta chiaramente la difficoltà legata al fatto che, nelle zone in cui si sta combattendo, diventa difficile fornire aiuto alla popolazione civile. (vv)







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