Piano Onu per risolvere il dramma dei profughi rapiti dai predoni nel Sinai
L’Onu scende in campo per cercare di risolvere la drammatica situazione delle centinaia
di persone, soprattutto eritree, sequestrate, a scopo di estorsione, da bande di predoni
nella penisola egiziana del Sinai. Di molti di loro non si hanno più notizie. Probabile
l’utilizzo dei loro corpi per il traffico di organi umani. Giancarlo La Vella
ne ha parlato con Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur, l'Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
R. – L’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati è venuto a conoscenza di questa
tragedia da tempo. Sappiamo dal 2010 – che c’è questa situazione scellerata e siamo
intervenuti a più riprese, anche con le stesse autorità egiziane. Purtroppo, però,
ci siamo scontrati con il fatto che questa zona sembra essere una terra di nessuno,
dove comandano, di fatto, i predoni, i beduini. Certo è che, ad oggi, si può parlare
veramente di una rete che impone ai sequestrati le violenze più terribili. Devo, però,
anche spiegare i meccanismi che vengono messi in atto in questi sequestri, a scopo
di estorsione. L’Eritrea è un Paese, da dove la gioventù tenta di fuggire e i motivi
sono vari. Ad esempio, un servizio di leva obbligatorio impone a questi ragazzi –
uomini e donne – di entrare sotto le armi giovanissimi, a 16 anni, e senza scadenza,
quindi, senza avere una certezza del futuro. Molti tentato quindi di andare via, sostenuti
dalle famiglie, che però poi affrontano serissimi problemi con le autorità, perché
sono arrestati e debbono rispondere direttamente della fuga dei ragazzi. I giovani
in fuga dall’Eritrea arrivano quasi tutti in Sudan. Alcuni di loro fanno sosta nel
campo di Shagarab, gestito dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, e da questo
campo diversi di loro poi escono nel giro di un paio di mesi, perché entrano in contatto
con chi può consentire loro di continuare il viaggio. Questo passaggio viene fatto
su base quasi sempre libera, ma anche spinti dalla disperazione. Alcuni di loro purtroppo
cadono invece vittima dei predoni. Quando questo accade, per loro, si aprono le porte
dell’inferno, perché vengono sequestrati, le famiglie vengono contattate e si richiede
loro un riscatto. Si parla di cifre inaccessibili per loro e fintanto che questi soldi
non arrivano, i giovani sono nelle mani di questa gente senza scrupoli. Alcuni di
questi ragazzi sono stati vittime anche di espianti di organi. E’ un fenomeno, dunque,
dalle connotazioni terribili, che l’Alto Commissario ha voluto sollevare, cercando
anche sostegno da parte dei governi che dovrebbero, nella regione, collaborare di
più per dare delle risposte concrete a questa situazione.
D. – Qual è il piano
che l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati propone a questo punto?
R.
– Chiediamo un’azione concreta da parte della comunità internazionale, che passa dal
far pressione presso i governi locali, affinché prendano delle misure idonee, ma è
anche necessario varare un progetto specifico di ricerca, perché tali fenomeni devono
essere anche conosciuti, studiati e capiti per quello che sono. E’ inoltre necessario
aumentare la sicurezza nei campi che ci sono nella zona tra Eritrea e Sinai, per sviluppare
poi la capacità di chi opera in questi territori di avere delle attrezzature più adeguate
per riuscire a dare delle risposte efficaci. Purtroppo risulta che in alcuni casi
siano coinvolti in questi traffici anche le forze dell’ordine e gli stessi funzionari.
Quindi, la cosa principale è che gli Stati si impegnino a far chiarezza su chi lucra
su questa sciagura. Bisognerebbe poi andare anche oltre. Ci sono intere generazioni
di eritrei che fuggono dal loro Paese. Bisognerebbe evitare che questa gioventù sia
costretta ad andare via dal proprio Paese. Questa sarebbe l’azione più importante
da fare: operare alla causa che genera questo spostamento forzato di migliaia e migliaia
di giovani. (ap)