Il ‘Progetto strategico Agenda digitale italiana’ è una delle principali novità del
decreto ‘Semplifica Italia’, iniziativa strategica del Governo per l’informatizzazione
della Penisola. Oggi la prima riunione, con il ministro dell'Istruzione, dell'Università
e della Ricerca, Francesco Profumo, e Paolo Peluffo, sottosegretario per la Comunicazione
e l’Editoria. Massimo Pittarello ha chiesto a Peter Kruger, esperto
in materia di digitalizzazione ed ex consulente del ministro per le Telecomunicazioni
quale è l’importanza di tale iniziativa.
R. – E’
un primo passo molto importante. Importante anche solo dal punto di vista simbolico
perché, finalmente, il termine “agenda digitale” entra nell’azione di governo. Questo
l’avevamo già capito durante il discorso di insediamento del presidente Monti, al
Senato. Bisogna andare un po’ oltre quello che è stato il modo di intendere il digitale
fino ad oggi da parte della politica e, in particolare, da parte dei governi. Il government
e le infrastrutture sono sicuramente importanti, però l’agenda digitale è qualcosa
di un po’ più ampio ed ambizioso e, per certi versi, anche più semplice di una politica
che si articola in iniziative sul government piuttosto che sul finanziamento delle
infrastrutture della banda larga e così via. L’agenda digitale è, in primo luogo,
uno statement sugli obiettivi che si dà un Paese, sui temi del digitale, partendo
dalla consapevolezza che il digitale – in particolare l’economia e la cultura digitale
– è un qualcosa che l’intero Paese è chiamato ad affrontare, non soltanto il governo
o gli operatori di telecomunicazioni, ma tutti, dai cittadini alle imprese. E’ un’impresa
che chiama tutto il Paese alla mobilitazione. Questo avviene, soprattutto, per un
Paese come l’Italia, che da questo punto di vista è in forte ritardo. La prima cosa,
quindi, è che ci facciamo un’agenda digitale, che stabilisca degli obiettivi validi
per tutto il Paese e sui quali il Paese si possa mobilitare. Sono obiettivi che non
riguardano solo il government o le infrastrutture della banda larga, ma anche le piccole
imprese, i servizi che possono utilizzare, le medie imprese ed i servizi che possono
utilizzare le grandi imprese ed i miglioramenti che possono apportare alla produzione
piuttosto che all’erogazione dei servizi da una vera e propria adozione delle tecnologie
digitali. Riguardano i cittadini, i consumatori, gli studenti, i giovani lavoratori.
La seconda cosa di cui abbiamo disperatamente bisogno sono gli strumenti di valutazione
più che le ricette specifiche. Una volta che vengono definiti gli obiettivi, dobbiamo
avere anche degli strumenti che ci consentano di misurare effettivamente cosa sta
accadendo, quanto ci stiamo avvicinando al raggiungimento degli obiettivi stessi.
Abbiamo diffuso una quantità impressionante di lavagne elettroniche, nelle scuole,
e questo viene utilizzato da molti come indicatore di grande penetrazione dell’alfabetizzazione
digitale nelle scuole. Peccato, però, che se andiamo a vedere i tassi di utilizzo
di queste lavagne, essi risultano essere molto bassi e quindi, evidentemente, quello
non era un indicatore che aiutava molto. Abbiamo bisogno di strumenti che ci consentano
di misurare il raggiungimento degli obiettivi e bisogna che questi strumenti siano
messi in mano a soggetti che siano un po’ indipendenti. La terza cosa, che secondo
me è davvero molto importante, è ascoltare le voci dei soggetti che sono realmente
coinvolti nei processi di innovazione, di coloro che realmente fanno innovazione.
Se rimettiamo la discussione nelle mani dei soliti professionisti dell’innovazione
– che sono molti - rischiamo di avere un contributo non che non sia importante, ma
comunque molto parziale.
D. – Tra gli effetti immediati, si potrà avere
uno snellimento della burocrazia italiana?
R. – Sì, si potrà avere uno
snellimento drammatico della burocrazia italiana. In questi giorni si parla molto
di emergenza e di gestione dell’emergenza, ma molti problemi derivanti dall’emergenza-neve,
si sarebbero potuti risolvere non con politiche dell’emergenza, ma con politiche banali
di gestione ordinaria. Faccio un esempio: se oggi una persona, non in una giornata
di emergenza ma in una qualsiasi normale giornata, va a fare la prenotazione per un
viaggio in treno e ad acquistarne il biglietto, il sistema non fornisce nessun dato
su quello che è lo stato dei treni. Cioè: posso comprare tranquillamente un biglietto
di un treno, che però Trenitalia già sa essere in ritardo di 50 minuti o sa che magari
è stato soppresso. Pensi questo che cosa implica dal punto di vista della gestione
di una situazione di emergenza. Nel 2012 questa è una cosa inconcepibile, ed è peraltro
una cosa semplicissima. C’è un altro ambito di semplificazione enorme, ed è dato dall’open
government. Il fatto, cioè, che i cittadini possano accedere ai dati sull’attività
della pubblica amministrazione è una vera e propria rivoluzione, perché permette veramente,
ai cittadini, non solo di verificare ma anche di fornire feedback. Una cosa del genere,
che riguarda tutte le informazioni inerenti la gestione della cosa pubblica, può essere
un meccanismo di trasformazione potentissimo nella società in cui viviamo. (vv)