Simposio sugli abusi sui minori verso la conclusione. Il cardinale designato Filoni:
fenomeno esecrabile
Si conclude oggi a Roma il Simposio sugli abusi su minori compiuti da esponenti del
clero intitolato “Verso la guarigione e il rinnovamento” e in corso da martedì all’Università
Gregoriana. Ieri si è parlato anche degli oltre 2 miliardi di dollari costati finora
alla Chiesa a livello mondiale per la questione. Da parte sua, il promotore di giustizia
della Congregazione per la Dottrina della fede, mons. Scicluna, ha affrontato il tema
della ricerca della verità nei casi di abuso. In serata la Messa celebrata dal cardinale
designato Fernando Filoni. Il servizio è di Stefano Leszczynski I costi
finanziari a carico della Chiesa per il flagello degli abusi sui minori associati
con le investigazioni correnti, e in alcuni casi con le vertenze giudiziarie in corso
in parecchie nazioni del Continente africano, oltre che in Austria, Australia, Belgio,
Brasile, Canada, Cile, Germania, India, Irlanda, Paesi bassi, Filippine e Svizzera,
supera di gran lunga i due miliardi di dollari. Soltanto negli Stati Uniti, ad oggi,
i costi finanziari di questa drammatica crisi hanno superato i 500 milioni di dollari.
A tentare un bilancio dei danni materiali, e non, subiti dalla Chiesa in seguito agli
scandali degli abusi sessuali sono stati Michael Bemi, presidente di The National
Catholic Risk Retention Group, Inc., e Patricia Neal, direttrice dell’organizzazione
cattolica Virtus. Entrambi i relatori, tuttavia, hanno messo in luce come ad incidere
ancor più negativamente sulla Chiesa siano stati i costi per così dire ‘indiretti’
e quelli non strettamente finanziari, vale a dire: in termini di investimenti mancati
in opere di bene e in termini di danno alla missione evangelizzatrice della Chiesa.
A sottolineare l’importanza degli obiettivi del Simposio anche per restituire alla
Chiesa cattolica l’autorevolezza che le spetta è stato nella prima parte della giornata
mons. Charles Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina
della Fede. Nella Chiesa cattolica non c'è più posto per la "mortale cultura del silenzio,
la cultura dell'omertà" – ha detto mons. Scicluna, che ha poi aggiunto - “chi inganna,
chi non denuncia, è nemico della giustizia e quindi della Chiesa". Il promotore di
giustizia ha ribadito, inoltre, il dovere della Chiesa di "ascoltare il dolore delle
vittime, assisterle, trattarle con dignità". A conclusione di questa terza giornata
di lavori la Santa Messa celebrata nella Basilica dei Santi Apostoli e presieduta
dal cardinale designato Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione
dei Popoli. Nell’omelia riferendosi agli abusi compiuti da uomini e donne di Chiesa
ha parlato di fenomeno esecrabile, e citando il Vangelo di Luca ha sottolineato il
profondo significato del sacerdozio inteso come compito della premura di Dio a vantaggio
dell’uomo. Di seguito il testo dell’omelia pronunciata nella Basilica dei Santi
Apostoli dal cardinale designato Fernando Filoni:
Eccellenze, fratelli
e sorelle,
saluto cordialmente tutti Voi, che prendete parte a questo Simposio
Internazionale sul tema "Verso la guarigione e il rinnovamento", un convegno che conferma
l'impegno della Chiesa Universale per la tutela contro tutti gli abusi delle piccole
vittime e delle persone vulnerabili, e grazie al quale si intende contrastare e limitare
un fenomeno tanto esecrabile, ancor più se compiuto da uomini e donne di Chiesa.
1.
Una prima riflessione. "Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi, e le lampade
accese", afferma l'evangelista Luca (12, 35). L'uomo diventa ciò che attende e spera.
Chi attende alla morte concepisce e produce morte; chi attende al Signore fa scorrere
nelle proprie vene la vita stessa di Dio. La parabola evangelica racconta di un signore
che affida la casa ai servi, dovendo partire per il viaggio di nozze. E' un padrone
sui generis, che non nutre sospetti nei riguardi dei domestici, anche se non tutti
si rivelano affidabili. Dio ha affidato a noi la guida della sua Chiesa e di ogni
suo fedele, e a tutti ripete: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad
ogni creatura" (Me 16, 15). "Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà
ancora svegli" (Le 12, 37). Non è scontato rimanere desti. L'«homo vigilans» mantiene
gli occhi aperti sul presente e sul futuro, vive con intensità la missione che gli
è stata affidata, discerne la presenza del Signore negli eventi e nei fratelli, è
responsabile e paziente, non esaurisce le proprie energie nell'immediato, ma si misura
sul lungo periodo. In una parola, vive una esistenza significativa. L'«homo dormiens»,
invece, vive al di sotto delle possibilità, in modo superficiale e mediocre. Pigro,
agisce come se avesse a disposizione un lasso di tempo inesauribile. Non mette passione
nelle cose che fa, rimane nella sonnolenza e nell'apatia, anzi, fa del non vedere
e del non sentire uno stile di vita.
Per i Pastori essere uomini di Dio implica
coraggio e vigilanza. L'I 1 giugno 2010, a conclusione dell'Anno Sacerdotale, Papa
Benedetto XVI diceva: "Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso
lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Questa audacia di Dio, che
ad esseri umani affida se stesso, pur conoscendo le nostre debolezze, è la cosa più
grande che si nasconde nella parola sacerdozio".
2. Una seconda riflessione.
"Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?" (v. 41). La risposta
di Gesù è chiara. Egli distingue tra quanti hanno conosciuto la volontà del padrone,
e che, quindi, hanno ricevuto molto, ed altri che non la conoscono e che, pertanto,
hanno ricevuto di meno (w. 47-48). E molto ha ricevuto l'amministratore, scelto dal
padrone per distribuire ai servi il cibo a tempo debito. Qualcuno vi legge pure un'allusione
eucaristica, un cibo spirituale indispensabile per il credente. Il Pastore, chiamato
ad essere tra i fratelli un segno visibile ed efficace di Gesù Buon Pastore, e del
suo farsi servo, è esposto al rischio di rammollirsi per il ritardo del padrone che
è Dio. La sua beatitudine ed il premio finale si giocano per lui sul terreno del servizio
alla Comunità. Dovrà mantenere desto il cuore ed attivare la memoria del ritorno del
Signore per aiutare i fratelli a vivere con sapienza dinamica e missionaria la prolungata
assenza del Signore.
Nel caso, poi, in cui l'impazienza o la superficialità
prendessero il sopravvento, come emerge dal monologo "il padrone tarda a venire" (v.
45), sarebbe la Comunità a farne le spese ("percuotere i servi e le serve"), ed ovviamente
egli stesso ("mangiare, bere, ubriacarsi"). L'indebolimento della Chiesa, se non proprio
il suo disfacimento, costituisce il tradimento del mandato ricevuto. Non si è rivelato
né fedele, né saggio (v.42). E' venuto meno alla missione. Doveva essere soltanto
un amministratore, ma si è autoproclamato padrone, finendo per fare a pezzi la Comunità
che gli era stata affidata (Luca usa il verbo dichotoméo). Pertanto, egli subisce
una dura punizione.
Sant'Agostino, nel "discorso sui Pastori", precisa: "Che
razza di pastori sono quelli che, temendo di offendere gli uditori, non solo non li
preparano alle tentazioni future, ma anzi promettono loro la felicità di questo mondo,
felicità che Dio non promise neppure al mondo stesso". In tal modo, il Vescovo di
Ippona sollecita ad un'attenta formazione del Popolo di Dio, in vista di una nuova
evangelizzazione. E nell'omelia a conclusione dell'Anno Sacerdotale il Papa affermava:
"Era da aspettarsi che al 'nemico' un nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto;
egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto
fuori dal mondo. E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento
del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti, soprattutto l'abuso
nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio
a vantaggio dell'uomo viene volto nel suo contrario".
3. Un terzo elemento
di riflessione è costituito dal premio riservato al servo fedele. Un premio inatteso:
Dio, da padrone, si trasforma in servo: "Vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi,
li farà mettere a tavola e passerà a servirli" (v. 37). Servire è l'arte suprema.
Dio è il primo servitore. Serve gli uomini, pur non essendo servo degli uomini. Non
si riflette mai abbastanza su che cosa significhi avere un "Dio-servitore". In realtà,
il padrone castiga, il servo aiuta; il padrone giudica, il servo rincuora; il padrone
detta legge, il servo ascolta ed apre il cuore. "Chi vuol diventare grande tra voi
sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti"
(Me 10, 44). Gesù ha legato ogni umana autorità al servizio di una Comunità. Ha fatto
del servizio il nome nuovo della Chiesa, ma pure lo specifico del rapporto tra l'uomo
e Dio. Noi servitori di Dio, e Dio servitore dei suoi servi: li farà mettere a tavola
e passerà a servirli. E' il premio alla fedeltà, che consisterà nella partecipazione
alla gioia stessa del Signore, cioè al banchetto eterno.
"Beato quel servo
che il padrone, tornando, troverà ad agire così" (Le 12, 43). Il versetto riassume
efficacemente il senso della vigilanza cristiana, che non è inerte attesa. E' attesa
nella speranza dell'aldilà, ma è pure impegno a cambiare la storia. Luca conclude
il brano con un testo di particolare efficacia: "Sono venuto a portare fuoco sulla
terra" (v. 50). Gesù è venuto ad abbattere il male che incatena e soffoca l'uomo,
e a bruciare quegli idoli ingannatori di fronte ai quali è inginocchiata gran parte
dell'umanità: potere, denaro, successo, paure, depressioni, egoismi. La Chiesa stessa
è attraversata da queste tentazioni ed illusioni.
Nel discorso per la presentazione
degli auguri natalizi del 2010 alla Curia Romana, il Santo Padre affermava: "Il volto
della Chiesa è coperto di polvere, il suo vestito è strappato, per le colpe dei sacerdoti".
Egli ha più volte invitato la Chiesa ad un bagno di umiltà, alla ricerca della verità
e ad un profondo rinnovamento. Mentre riconfermiamo il nostro impegno per un'efficace
conversione del cuore, chiediamo al Dio della misericordia di benedire i nostri propositi
e a Maria SS., Madre della Chiesa, di vegliare sui suoi figli.