Mons. Scicluna al Simposio sugli abusi sui minori: chi non denuncia un crimine è nemico
della Chiesa
Proseguono presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma i lavori del Simposio
“Verso la guarigione e il rinnovamento”, al quale partecipano i delegati di 110 Conferenze
episcopali e di oltre 30 Istituti religiosi. Per padre Federico Lombardi, direttore
della Sala Stampa vaticana, dalla riflessione di questi giorni sta emergendo con chiarezza
la volontà della Chiesa di dotarsi dei mezzi per proteggere i bambini e costruire
un ambiente sicuro per loro, divenendo d’esempio per l’intera società. A concludere
la giornata di ieri, è stata la Veglia penitenziale nella Chiesa di Sant’Ignazio con
la richiesta di perdono alle vittime degli abusi e a Dio. Il servizio dell'inviato
al Simposio, Stefano Leszczynski:
Ad aprire i
lavori della giornata odierna del Simposio, dedicato agli abusi sessuali su minori
compiuti da esponenti del clero, è stato il promotore di giustizia della Congregazione
per la Dottrina della Fede, mons. Charles Scicluna, con un intervento sul tema della
ricerca della verità nei casi di abuso sessuale da un punto di vista degli obblighi
morali e legali. “Chi inganna, chi non denuncia – ha dichiarato mons. Scicluna in
conferenza stampa – è nemico della giustizia e quindi della Chiesa". Il promotore
di giustizia ha ribadito inoltre il dovere della Chiesa di “ascoltare il dolore delle
vittime, assisterle, trattarle con dignità” e ha aggiunto che “si nota una riduzione
del numero dei nuovi casi e si assiste a un andamento in discesa” di questi crimini.
“Il problema e la grande preoccupazione – ha rivelato – è per l'Europa”, dove sono
emersi o stanno emergendo tanti casi. La Chiesa ha dunque l’obbligo di prendersi cura
delle vittime di abusi e di aiutarle nel loro percorso di guarigione, ma soprattutto
ha l’obbligo di denunciare tali crimini alle autorità civili del Paese in cui essi
avvengono. Le indicazioni del dicastero pontificio ai vescovi in tal senso appaiono
molto esplicite, in particolare quando si afferma che la cooperazione con gli organismi
inquirenti deve essere piena e immediata.
Diverso sarà il discorso invece per
quanto riguarda il meccanismo sanzionatorio interno alla Chiesa, vincolato a norme
di Diritto canonico peraltro già esistenti. E’ il caso ad esempio delle eventuali
sanzioni nei confronti di quei vescovi che dovessero rendersi responsabili di atteggiamenti
omissivi o non dovessero dare corso alle direttive della Congregazione. Sarebbe in
ogni caso – ha sottolineato mons. Scicluna – un atteggiamento intollerabile nell’ambito
della Chiesa. Molte le reazioni della stampa internazionale alla Veglia penitenziale
svoltasi ieri sera nella Chiesa di Sant’Ignazio a Roma. Non si è trattato, come molti
dicono, di un semplice mea culpa della Chiesa – ha sostenuto mons. Scicluna
– che è invece andata molto oltre, prevedendo misure di prevenzione e cura delle vittime.
E proprio a mons. Charles Scicluna abbiamo chiesto se la formulazione delle
linee guida per le Conferenze episcopali comporterà delle modifiche anche del Diritto
canonico:
R. - Io direi di no, perché l’Ordinamento giuridico della Chiesa
è già stato aggiornato con il Motu Proprio “Sacramentorum Sanctitatis Tutela”.
Le linee-guida riguardano una risposta che va al di là dell’Ordinamento giuridico,
perché si tratta prima di tutto di applicare l’Ordinamento giuridico che già esiste,
di usarlo per la risposta giuridica che bisogna dare al triste fenomeno degli abusi
sessuali, ma va oltre, perché parla di formazione delle comunità, di formazione dei
futuri sacerdoti ma anche di un approccio “proattivo” alla prevenzione di questi crimini.
Per cui, l’Ordinamento giuridico è una parte della risposta, ma non esaurisce la risposta
della Chiesa. E’ questa un po’ anche l’idea fondamentale della Lettera circolare.
D.
– E quando si spiega ai vescovi che devono fare riferimento agli Ordinamenti degli
Stati in cui si trovano per la denuncia, la gestione “pratica” del crimine di cui
sono venuti a conoscenza, si mette in secondo piano il meccanismo sanzionatorio della
Chiesa?
R. – Prima di tutto, bisogna riferire allo Stato, se c’è l’obbligo
di riferire allo Stato. Il riferire allo Stato non toglie mai l’obbligo interno alla
Chiesa di gestire il caso, di dare una risposta propria al caso. Per cui, se c’è l'obbligo
di riferire bisogna seguire la legge. Dove non ci fosse il riferimento obbligatorio
allo Stato, bisogna comunque dare il necessario aiuto alla vittima che volesse farlo
e bisogna evitare qualsiasi comportamento dissuasivo dall’esercizio legittimo dei
diritti della vittima. (gf)