Congo: religiosi e religiose per la riconciliazione e la pace nel Paese
Con i voti di castità, povertà e obbedienza, la vita di persone consacrate diviene
una testimonianza profetica. I religiosi e le religiose possono così essere modelli
per la riconciliazione, la giustizia e la pace, anche nelle circostanze più difficili.
È quanto si sottolinea nel documento conclusivo dell’assemblea plenaria dell’Unione
superiori maggiori della Repubblica Democratica del Congo — svoltasi a Kinshasa —
che raggruppa gli istituti di vita consacrata rispettivamente maschili dell’Assemblée
des supérieurs majeurs (Asuma) e femminili dell’Union des supérieures majeures (Usuma).
Quest’anno la giornata di riflessione sulla vita consacrata ha coinciso con il cinquantesimo
di fondazione dell’Asuma e dell’Usuma, istituiti rispettivamente nel 1960 e nel 1961.
Un occasione privilegiata, quindi, per fare il punto sul «cammino di testimonianza
e di missione alla sequela di Cristo» e per aprirsi al futuro con un rinnovato impegno
nella pastorale vocazionale e nella formazione iniziale e permanente. Dalla storia
degli istituti religiosi del Congo - evidenzia la relazione conclusiva ripresa da
L'Osservatore Romano - traspare la ferma volontà di vivere il messaggio di Cristo
e di configurare la propria vita a esso, «quale criterio fondamentale, passato presente
e futuro, del discernimento vocazionale, del discernimento personale e comunitario».
Ma il giubileo dell’Asuma e dell’Usuma riveste un rilievo particolare nel contesto
del «grande giubileo dell’instaurazione della gerarchia della Chiesa nella Repubblica
Democratica del Congo e dell’indipendenza del Paese». In questo cammino difficile
per la Nazione è emblematica e indelebile la «luminosa testimonianza» della beata
Alfonsina Anaurite Nengapeta (Maria Clementina), religiosa professa della congregazione
della Sacra Famiglia. Nata nel 1941 a Wamba (Congo) è morta per difendere la propria
purezza a Isiro (Congo) il 1° dicembre 1964. È stata beatificata il 15 agosto 1985
da Giovanni Paolo II, durante il suo secondo viaggio apostolico nell’allora Zaire.
Un «sigillo di sangue in Cristo donato alla Chiesa, alla Nazione e al popolo congolese».
Una testimonianza la sua di «una vita senza compromessi, un esempio fulgido di testimonianza
cristiana per le persone consacrate e per il laicato cattolico». Nella relazione finale
del assemblea plenaria si insiste sulla «vita fraterna», elemento profetico importante
che gli istituti di vita consacrata offrono ai giovani e alle giovani, specialmente
in una società fortemente individualistica. Nonostante gli sforzi nel cammino di fraternità
e pur nelle difficoltà che la vita comunitaria comporta, occorre un ulteriore e costante
discernimento «per ascoltare quello che lo Spirito dice alla comunità, per riconoscere
quello che viene dal Signore e quello che gli è contrario». Senza il discernimento,
accompagnato dalla preghiera e dalla riflessione, la vita consacrata corre il pericolo
di «accomodarsi sui criteri di questo mondo: l’individualismo, il consumismo, il materialismo;
criteri che fanno venir meno la fraternità e fanno perdere fascino e mordente alla
stessa vita consacrata». Nella relazione introduttiva all’assemblea plenaria dei superiori
maggiori, suor Charlotte Sumbamanu, presidente dell’Usuma, ha sottolineato che «nella
Repubblica Democratica del Congo possiamo dire con una certa fierezza che la vita
consacrata ha accompagnato la nascita della Chiesa particolare». (R.P.)