L’Oms chiede "tolleranza zero" contro le mutilazioni genitali femminili: 140 milioni
le vittime nel mondo
Centoquaranta milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali e tre milioni
sono ancora oggi esposte a questa pratica brutale, che viola i diritti della persona.
Per questo, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha indetto la Giornata internazionale
della "tolleranza zero" contro le mutilazioni sessuali femminili, celebrata ogni anno
il 6 febbraio. Roberta Gisotti ha intervistato Augusta Angelucci, psicologa
esperta di questioni femminili, già funzionaria delle Nazioni Unite e per 15 anni
inviata in Africa:
D. – Dott.ssa
Angelucci, sappiamo che si è abbassata l’età delle ragazze mutilate: ma quali conseguenze
riportano queste bambine?
R. – Per quanto riguarda le conseguenze psicologiche,
è bene fare una distinzione. Da una parte, le bambine che vivono nel loro Paese, dove
la mutilazione avviene ad una certa età, intorno ai 6-7-8 anni, e avviene tutti gli
anni un po’ come per la circoncisione maschile ed è una pratica che è accettata culturalmente,
anzi è accompagnata da un’enfasi da parte dei propri cari che in qualche modo ricompensa
a livello emozionale il trauma. Dall'altra parte, ci sono invece le bambine che vivono
nei Paesi di accoglienza e che rischiano di sentirsi escluse: l’essere diverse dalle
loro coetanee può provocare un isolamento, può provocare una risposta ansiosa e depressiva,
una sindrome da post-trauma da stress. La cosa ancora più grave è la perdita di fiducia
nei confronti dei propri genitori: se mandano le bambine nel proprio Paese e vengono
sottoposte a mutilazioni genitali femminili, quando ritornano si sentono non rispettate,
non hanno più fiducia nei confronti dei genitori perché le hanno sottoposte a tale
pratica estremamente violenta.
D. – Che cosa si può fare di più per la prevenzione?
in questa Giornata. Amnesty International accusa l’Europa di non fare abbastanza per
porre fine a questo "massacro2 contro la dignità femminile…
R. – Io direi che
occorre migliorare il dialogo interculturale, fare campagne di sensibilizzazione,
lavorare sull’empowerment delle donne. Accompagnare queste famiglie facendo
in modo che i nostri servizi si aprano per capire quali sono le loro tradizioni e
porre fine alle pratiche ancestrali nocive per la salute delle donne, degli uomini,
dei bambini e anche degli anziani. (bf)