2012-02-06 14:45:40

L’Oms chiede "tolleranza zero" contro le mutilazioni genitali femminili: 140 milioni le vittime nel mondo


Centoquaranta milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali e tre milioni sono ancora oggi esposte a questa pratica brutale, che viola i diritti della persona. Per questo, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha indetto la Giornata internazionale della "tolleranza zero" contro le mutilazioni sessuali femminili, celebrata ogni anno il 6 febbraio. Roberta Gisotti ha intervistato Augusta Angelucci, psicologa esperta di questioni femminili, già funzionaria delle Nazioni Unite e per 15 anni inviata in Africa:RealAudioMP3

D. – Dott.ssa Angelucci, sappiamo che si è abbassata l’età delle ragazze mutilate: ma quali conseguenze riportano queste bambine?

R. – Per quanto riguarda le conseguenze psicologiche, è bene fare una distinzione. Da una parte, le bambine che vivono nel loro Paese, dove la mutilazione avviene ad una certa età, intorno ai 6-7-8 anni, e avviene tutti gli anni un po’ come per la circoncisione maschile ed è una pratica che è accettata culturalmente, anzi è accompagnata da un’enfasi da parte dei propri cari che in qualche modo ricompensa a livello emozionale il trauma. Dall'altra parte, ci sono invece le bambine che vivono nei Paesi di accoglienza e che rischiano di sentirsi escluse: l’essere diverse dalle loro coetanee può provocare un isolamento, può provocare una risposta ansiosa e depressiva, una sindrome da post-trauma da stress. La cosa ancora più grave è la perdita di fiducia nei confronti dei propri genitori: se mandano le bambine nel proprio Paese e vengono sottoposte a mutilazioni genitali femminili, quando ritornano si sentono non rispettate, non hanno più fiducia nei confronti dei genitori perché le hanno sottoposte a tale pratica estremamente violenta.

D. – Che cosa si può fare di più per la prevenzione? in questa Giornata. Amnesty International accusa l’Europa di non fare abbastanza per porre fine a questo "massacro2 contro la dignità femminile…

R. – Io direi che occorre migliorare il dialogo interculturale, fare campagne di sensibilizzazione, lavorare sull’empowerment delle donne. Accompagnare queste famiglie facendo in modo che i nostri servizi si aprano per capire quali sono le loro tradizioni e porre fine alle pratiche ancestrali nocive per la salute delle donne, degli uomini, dei bambini e anche degli anziani. (bf)







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