Simposio alla Gregoriana sugli abusi su minori compiuti dal clero: intervista con
padre Hans Zollner
E' stato presentato ieri a Roma il Simposio intitolato "Verso la Guarigione e il Rinnovamento"
che vedrà riuniti vescovi cattolici e superiori degli ordini religiosi sulla questione
degli abusi sessuali sui minori, che si svolgerà presso la Pontificia Università Gregoriana
dal 6 al 9 febbraio. Al Simposio prenderanno parte i rappresentanti di oltre 100 Conferenze
episcopali, dieci cardinali e più di 40 relatori altamente specializzati. Il servizio
di Stefano Leszczynski:
La Chiesa torna
ad affrontare il drammatico e penoso tema degli abusi sui minori commessi da esponenti
del clero con un Simposio sul tema prioritario della tutela dei più vulnerabili e
l’assistenza alle vittime degli abusi. La priorità della Chiesa – ha spiegato mons.
Charles Scicluna, promotore di Giustizia per la Congregazione per la Dottrina della
Fede – è la protezione dei bambini, che “deve essere un principio e una preoccupazione
permanente in ogni decisione" della Chiesa, aggiungendo che ''non ci può essere una
distinzione tra il bene della Chiesa e la protezione dei giovani''. “Il Simposio –
ha spiegato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana – non è
una conferenza fine a sé stessa, ma rappresenta un contributo specifico nell’ambito
di un cammino in cui si prospetta una strategia”. Dal Simposio, organizzato dall’Università
Gregoriana, dovrà, dunque, arrivare un input che aiuti i pastori della Chiesa ad affrontare
nella pratica il drammatico tema degli abusi sui minori. Tra le iniziative che prenderanno
concretamente vita al termine dei lavori vi sarà l’immediata operatività del Centro
per la protezione dei bambini, con sede a Monaco, con un programma di apprendimento
a distanza. Il progetto è stato reso possibile anche grazie al contributo della Papal
Foundation, direttamente autorizzato dal Santo Padre. Ampia la partecipazione al Simposio,
con la presenza di delegati da 110 Conferenze episcopali e dei superiori generali
di oltre 30 ordini religiosi. Ad aprire i lavori sarà il prefetto della Congregazione
per la Dottrina della Fede, cardinale William Levada, con una prolusione sul tema
“L’abuso sessuale sui minori. Una poliedrica risposta alla sfida”. Tra i relatori
si conta anche una delle vittime degli abusi, la signora Marie Collins, che porterà
la propria personale testimonianza su come dare voce alle vittime delle violenze sessuali
avvenute nell’ambito della Chiesa. Durante i tre giorni di Simposio, è prevista anche
una particolare Veglia penitenziale, che sarà presieduta dal cardinale Ouellet, prefetto
della Congregazione per i Vescovi per chiedere il perdono delle vittime degli abusi.
Sulle priorità di questo Simposio abbiamo intervistato padre Hans Zollner,
preside dell’Istituto di psicologia della Gregoriana e presidente del Comitato organizzatore
dell'evento:
D. - Padre Zollner come si attua il cammino verso la guarigione
per le vittime degli abusi?
R. – Sappiamo
che la misura migliore è quella di ascoltare, quella di dare ascolto alla sofferenza.
Questo è successo, per esempio, negli ultimi mesi in Irlanda, dove lo scandalo degli
abusi è molto presente nella società e nella Chiesa. Questa è la cosa principale.
Oltre a questo, molte persone hanno ricevuto anche dalla Chiesa un sostegno per essere
aiutati con la psicoterapia o con un altro tipo di terapia; e poi un riconoscimento
anche dal punto economico che certamente esplicita che la Chiesa si assume la responsabilità
di ciò che hanno fatto, del male che è stato commesso dai suoi ministri.
D.
– Molte di queste vittime desiderano ardentemente riuscire a rimanere e a riconciliarsi
con la Chiesa. Ora quanto è importante aiutare questo riavvicinamento e com’è possibile,
soprattutto, riuscire a farlo?
R. – Si deve vedere caso per caso: ogni persona
è individuale e certamente nel modo in cui le persone incontrano la loro sofferenza,
bisogna vedere quanto sono ferite, quanto vogliono che questa riconciliazione possa
realmente avvenire. Per alcune persone il capitolo Chiesa è chiuso per sempre, perché
sono talmente deluse, sono così ferite che non c’è possibilità di cambiare questo
loro atteggiamento. Altre, invece, proprio perché vogliono riconciliarsi profondamente
con loro stesse devono lavorare anche per una ulteriore riconciliazione di fronte
a questa realtà o di fronte ai rappresentanti di questa istituzione che le hanno ferite;
ci sono poi persone che, oltre a questo, vogliono aiutare - da vittime - la Chiesa
affinché non si ripetano episodi così tragici e che vogliono far sentire la loro voce
per risvegliare ancora di più l’attenzione e la sensibilità all’interno della Chiesa,
ma anche nel mondo e nella società per agire decisamente affinché questi abusi non
si ripetano.
D. – Nei confronti, invece, di chi ha commesso degli abusi: ci
si chiede spesso come si debba agire?
R. – Ciascuna persona che abusa un’altra
persona deve essere trattata a seconda delle sue capacità e anche della sua presa
di coscienza riguardo a quanto ha fatto. Ci sono alcune persone che hanno compiuto
gli abusi ma che non hanno maturato la minima attenzione e la minima sensibilità per
le vittime e per ciò che hanno fatto; ci sono alcune di queste persone che sono veramente
incurabili e possono essere soltanto trattenute: si deve quindi vedere in che contesto
possono essere controllati. La soluzione non può essere di dimetterli semplicemente
dal sacerdozio o dalla vita consacrata, perché se poi non c’è nessun controllo le
cose si ripetono. Certo è uno scandalo all’interno della Chiesa, ma la Chiesa è anche
una comunità di peccatori: per cui la Chiesa non può semplicemente distanziarsi e
cacciar via i colpevoli, ma deve offrire le terapie possibili… Con alcuni funzioneranno,
con alcuni molto poco. Si deve quindi vedere di cosa sia capace una persona, quanto
spazio di crescita ha e quanto sia cosciente del male e regolarsi di conseguenza.
D. – E’ vero che gli aggressori sessuali si trovano ovunque nella società.
Nella Chiesa, tuttavia, non si capita per caso, ma si sceglie di entrare e in un certo
senso si viene ammessi: nell’ambito della prevenzione è possibile fare qualcosa, ad
esempio, per valutare se ci sono persone predisposte ad un determinato atteggiamento
o meno?
R. – Ci sono alcuni segni molto chiari, che indicano che potrebbe esserci
un problema, anche un problema relativo ad una personalità pedofila. La psicologia,
come tutta la conoscenza umana, è fallibile: la psicoterapia e la psichiatria non
sono scienze esatte. Nell’ammissione al sacerdozio i criteri devono essere molto chiari
e questo è quello che la Congregazione per l’educazione cattolica, per esempio, ha
ribadito anche ultimamente: nella selezione e nella scelta dei candidati al sacerdozio,
dobbiamo veramente adoperare dei criteri molto rigorosi.
D. – Nel cercare
le cause di determinate tragedie, è lecito interrogarsi su quante siano le responsabilità
della società e dell’ambito culturale in cui viviamo oggi…
R. – Attualmente
abbiamo un calo nei casi di abuso nelle società di cui abbiamo statistiche. Parliamo
solo dell’Occidente, parliamo solo dei Paesi del Nord America e dell’Ovest dell’Europa.
Non abbiamo statistiche sicure per nessun Paese, perché intorno agli abusi e specificamente
alla pedofilia e cioè all’abuso sessuale di bambini, prima cioè dell’adolescenza,
c’è una omertà incredibile. E questo specialmente perché moltissimi di questi casi
succedono all’interno delle famiglie: qui è ancora molto, molto difficile parlare.
Il picco dei casi di abuso lo abbiamo avuto all’inizio degli anni Settanta e fino
a tutti gli Ottanta, e questo nel momento in cui la cosiddetta rivoluzione sessuale
ha preso il sopravvento. Ultimamente, grazie a tutta questa attenzione – anche riguardo
agli scandali all’interno della Chiesa – e grazie all’attenzione dei media, certamente
il clima nella società è cambiato, la sensibilità è molto cresciuta. Certamente, però,
in alcune società dove è presente la Chiesa – parliamo dell’Africa, parliamo dell’Asia,
parliamo dell’America Latina – questa sensibilità non è ancora così presente, non
è ancora cresciuta. Certamente non siamo ancora alla fine di tutte queste cose. (mg)