2012-02-04 15:23:43

Ripetuti episodi di violenza contro religiosi nel Continente americano


In questi ultimi giorni le cronache dal Continente americano sono state caratterizzate da una serie di episodi di violenza contro sacerdoti e missionari cristiani. In Guatemala è stato ucciso barbaramente un anziano sacerdote solo perché aveva provocato un banale incidente automobilistico, un lieve tamponamento. In Messico, durante un furto in una chiesa, è stato assassinato un altro sacerdote: aveva 65 anni. Infine, sempre in Messico, sono stati uccisi due missionari battisti statunitensi. Su queste aggressioni Sergio Centofanti ha intervistato Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane:

R. – Le aggressioni contro due sacerdoti cattolici, che sono stati uccisi in circostanze diverse, e poi contro due missionari statunitensi di una Chiesa battista, sono un fatto particolare, nel senso che da molto tempo non accadeva che ci fossero aggressioni di questo tipo, a breve distanza di tempo contro personale religioso. Però, la cosa fondamentale da dire è che si tratta di attacchi o di aggressioni omicide in un contesto di violenza molto grave che caratterizza le società messicana e guatemalteca – ma anche altre società del Centro America – e che a tutt’oggi non si comprende come possa essere risolto in una prospettiva di pace, di riconciliazione o di normalità “cittadina”.

D. – Quale è stata la reazione delle Chiese locali?

R. – Sia la Chiesa del Guatemala, sia quella del Messico, e poi la comunità battista nel Texas, negli Stati Uniti, in momenti diversi hanno fatto dichiarazioni molto rilevanti perché coincidono sostanzialmente nelle parole e nelle riflessioni. Il problema dell’America Centrale è che è schiacciata tra due violenze: quella che viene dal Nord e che si traduce soprattutto in un traffico d’armi clandestino verso il Messico, il Guatemala e il Centro America; e quell’altra violenza, quella che viene dal Sud, che è quella del narcotraffico e che ha creato – come l’hanno definita in questi giorni alcuni giornalisti – questa sorta di “corridoio della morte” o “corridoio della violenza”. Questi tre interventi dicono che la violenza finirà soltanto educando i nostri figli, fin da piccoli, a rispettare la vita, a capire quanto sia sacro il valore della vita. Perché alla fine, quello che è in gioco, quello che sta succedendo, è che in questa regione del continente americano, purtroppo, la vita ha perso ogni valore. Vale qualsiasi cosa, purché possa essere uno strumento per raggiungere altri scopi, in particolare – e soprattutto – quelli della manovalanza del narcotraffico.

D. – A marzo il Papa sarà in Messico e a Cuba. Come potrà aiutare a risolvere questa situazione, questo viaggio apostolico?

R. – Già lo stanno dicendo, in Messico: la stampa locale, i leader religiosi, anche i leader politici. La presenza del Papa in Messico, soprattutto, in questo senso sarà fondamentale. Certamente lui non andrà a fare nessuna richiesta di tregua nel narcotraffico, come si è scritto. Ma andrà soprattutto a difendere il valore supremo della vita, a promuovere, a consolidare la cultura della vita e, in particolare, a insegnare come questa cultura e questo valore della vita si possa far crescere nel cuore delle persone, in particolare dei più piccoli e dei più giovani, che sono il futuro di questo Paese e della regione. (gf)








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