2012-02-04 14:05:18

Concluso a Gerusalemme il Congresso internazionale dei commissari francescani di Terra Santa


“Potenziare e adattare la missione ai nuovi tempi e alle nuove esigenze ecclesiali”. Questo uno degli spunti di riflessione del terzo Congresso internazionale dei commissari di Terra Santa, chiusosi oggi a Gerusalemme dopo una settimana di lavori. Stamani, il ministro generale dell’Ordine francescano dei frati minori, padre José Rodríguez Carballo, ha presieduto la celebrazione eucaristica conclusiva. Al Congresso hanno preso parte, tra gli altri, padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, e novanta delegati da una quarantina di nazioni del mondo, incaricati del sostegno alla Custodia e dell’animazione dei pellegrinaggi, presenti ovunque ci sia una provincia francescana. Al centro dei lavori, il ruolo e la missione dei frati minori al servizio della Terra Santa, l’impegno della comunicazione riguardo ai luoghi santi, l’importanza delle relazioni con diocesi e gruppi ecclesiali internazionali. Sui temi dell'incontro, Giada Aquilino ha intervistato padre Giorgio Vigna, segretario generale del Congresso internazionale dei commissari di Terra Santa e responsabile dell’ufficio di coordinamento dei commissariati del mondo presso la Custodia, a Gerusalemme: RealAudioMP3

R. – Oggi le nuove esigenze ecclesiali in Terra Santa riguardano fondamentalmente la formazione dei cristiani: aiutarli ad essere sempre più radicati, convinti ed anche entusiasti di professare la fede cristiana ed appartenere alla Chiesa cattolica. Questo è importante per la loro vita cristiana ma anche per motivare maggiormente la loro permanenza in Terra Santa, nonostante tutte le difficoltà socio-politiche, economiche, religiose che purtroppo vi sono. La particolare esigenza di questi ultimi anni è la cura pastorale, da parte dei frati, nei confronti dei cristiani a loro affidati, che oggi si trovano a vivere in nuove situazioni, causate proprio dal conflitto israelo-palestinese. L’esistenza stessa del muro divide le famiglie tra loro, divide non solo le proprietà ma anche i cristiani dai loro centri di culto, centri pastorali. Il parroco, qualche anno fa, poteva impiegare mezz’ora per raggiungere le succursali della parrocchia, adesso può impiegare anche due o tre ore.

D. – Uno degli spunti di riflessione rimane quello dei pellegrinaggi in Terra Santa. In questi giorni, il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, ha detto che punta a passare, entro un decennio, dai tre milioni e mezzo di visitatori l’anno ai dieci milioni. Per quanto riguarda i vostri pellegrinaggi in Terra Santa, qual è la situazione e su cosa si deve puntare?

R. – La situazione dei pellegrinaggi la definirei buona, nel senso che è in aumento la domanda: non solo da parte di italiani o europei, ma anche da parte di africani, asiatici, latino-americani. A ciò, però, corrisponde una non facile animazione di questi gruppi: dal punto di vista della collaborazione con le autorità israeliane o da parte delle agenzie di viaggio, non abbiamo nulla da eccepire. La difficoltà è di assicurare ai pellegrini che si recano in Terra Santa – e che magari lo fanno con grande sacrificio - un pellegrinaggio davvero qualificato sotto ogni aspetto, dall’animazione alle buone sistemazioni, alla facilità con cui possono accedere ai diversi luoghi e godere di essi nella preghiera e nella riflessione.

D. – La crisi economica globale come si riflette sulla Terra Santa?

R. – Si riflette molto male, perché la Custodia di Terra Santa e le opere che sono gestite da questa – le parrocchie, i santuari, le scuole ed i collegi - sussistono grazie all’apporto che proviene dai cristiani di tutto il mondo attraverso le nostre istituzioni, i commissariati di Terra Santa o anche attraverso altri canali. Nella crisi generale, anche qui in Israele, Palestina e Terra Santa, quella prettamente economica si fa sentire: c’è l’aumento della disoccupazione, del costo della vita, delle esigenze stesse in generale. Al contempo, abbiamo anche assistito ad una caduta a picco degli apporti che provengono dalle diverse parti del mondo. Si tratta quindi, da parte nostra, di trovare nuove strategie, nuove motivazioni ed una nuova “politica” – se così vogliamo chiamarla – per motivare i cristiani del mondo a sostenere la Terra Santa, la presenza, la qualità e la bellezza dei luoghi sacri, perché la Terra Santa continua ad essere la Chiesa-madre di tutti noi.

D. – L’esodo dei cristiani, purtroppo, è ancora una realtà. Come si possono superare tali difficoltà?

R. – Innanzitutto, bisogna avere molta comprensione – e di questo ne sono persuaso – nei confronti di quei giovani, di quelle famiglie e di quelle coppie che, ad un certo punto della loro vita, si stancano di lottare contro le divisioni, le difficoltà economiche, la difficoltà di avere e costruire una casa e vanno in cerca di una situazione sociale un po’ più favorevole e rilassata. Detto questo, è però estremamente difficile trovare delle strategie che possano frenare l’esodo dei cristiani. Una delle strategie è quella della motivazione: motivare i cristiani a rimanere ed incoraggiarli in tutti modi, perché rimangano ad essere pietre vive che parlano al mondo intero. Un’altra strategia è quella di creare, attorno a loro, un’area di sostegno pratico: cercare di offrir loro possibilità di lavoro o una casa che poi si può affittare a prezzo politico. Questo significa però, da parte della Custodia di Terra Santa, un investimento di energie, strategie e finanze non indifferenti, perché la costruzione ed il restauro delle case, che vengono poi concesse in affitto ai cristiani, ha un costo. Va ricordato infine che i cristiani in Terra Santa sono stimati perché sono persone pacifiche, che hanno un discreto livello culturale, e quindi la loro presenza è apprezzata sia in Israele e sia in Palestina. (vv)







All the contents on this site are copyrighted ©.