Concluso a Gerusalemme il Congresso internazionale dei commissari francescani di Terra
Santa
“Potenziare e adattare la missione ai nuovi tempi e alle nuove esigenze ecclesiali”.
Questo uno degli spunti di riflessione del terzo Congresso internazionale dei commissari
di Terra Santa, chiusosi oggi a Gerusalemme dopo una settimana di lavori. Stamani,
il ministro generale dell’Ordine francescano dei frati minori, padre José Rodríguez
Carballo, ha presieduto la celebrazione eucaristica conclusiva. Al Congresso hanno
preso parte, tra gli altri, padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa,
e novanta delegati da una quarantina di nazioni del mondo, incaricati del sostegno
alla Custodia e dell’animazione dei pellegrinaggi, presenti ovunque ci sia una provincia
francescana. Al centro dei lavori, il ruolo e la missione dei frati minori al servizio
della Terra Santa, l’impegno della comunicazione riguardo ai luoghi santi, l’importanza
delle relazioni con diocesi e gruppi ecclesiali internazionali. Sui temi dell'incontro,
Giada Aquilino ha intervistato padre Giorgio Vigna, segretario generale
del Congresso internazionale dei commissari di Terra Santa e responsabile dell’ufficio
di coordinamento dei commissariati del mondo presso la Custodia, a Gerusalemme:
R. – Oggi
le nuove esigenze ecclesiali in Terra Santa riguardano fondamentalmente la formazione
dei cristiani: aiutarli ad essere sempre più radicati, convinti ed anche entusiasti
di professare la fede cristiana ed appartenere alla Chiesa cattolica. Questo è importante
per la loro vita cristiana ma anche per motivare maggiormente la loro permanenza in
Terra Santa, nonostante tutte le difficoltà socio-politiche, economiche, religiose
che purtroppo vi sono. La particolare esigenza di questi ultimi anni è la cura pastorale,
da parte dei frati, nei confronti dei cristiani a loro affidati, che oggi si trovano
a vivere in nuove situazioni, causate proprio dal conflitto israelo-palestinese. L’esistenza
stessa del muro divide le famiglie tra loro, divide non solo le proprietà ma anche
i cristiani dai loro centri di culto, centri pastorali. Il parroco, qualche anno fa,
poteva impiegare mezz’ora per raggiungere le succursali della parrocchia, adesso può
impiegare anche due o tre ore.
D. – Uno degli spunti di riflessione rimane
quello dei pellegrinaggi in Terra Santa. In questi giorni, il sindaco di Gerusalemme,
Nir Barkat, ha detto che punta a passare, entro un decennio, dai tre milioni e mezzo
di visitatori l’anno ai dieci milioni. Per quanto riguarda i vostri pellegrinaggi
in Terra Santa, qual è la situazione e su cosa si deve puntare?
R. – La situazione
dei pellegrinaggi la definirei buona, nel senso che è in aumento la domanda: non solo
da parte di italiani o europei, ma anche da parte di africani, asiatici, latino-americani.
A ciò, però, corrisponde una non facile animazione di questi gruppi: dal punto di
vista della collaborazione con le autorità israeliane o da parte delle agenzie di
viaggio, non abbiamo nulla da eccepire. La difficoltà è di assicurare ai pellegrini
che si recano in Terra Santa – e che magari lo fanno con grande sacrificio - un pellegrinaggio
davvero qualificato sotto ogni aspetto, dall’animazione alle buone sistemazioni, alla
facilità con cui possono accedere ai diversi luoghi e godere di essi nella preghiera
e nella riflessione.
D. – La crisi economica globale come si riflette sulla
Terra Santa?
R. – Si riflette molto male, perché la Custodia di Terra Santa
e le opere che sono gestite da questa – le parrocchie, i santuari, le scuole ed i
collegi - sussistono grazie all’apporto che proviene dai cristiani di tutto il mondo
attraverso le nostre istituzioni, i commissariati di Terra Santa o anche attraverso
altri canali. Nella crisi generale, anche qui in Israele, Palestina e Terra Santa,
quella prettamente economica si fa sentire: c’è l’aumento della disoccupazione, del
costo della vita, delle esigenze stesse in generale. Al contempo, abbiamo anche assistito
ad una caduta a picco degli apporti che provengono dalle diverse parti del mondo.
Si tratta quindi, da parte nostra, di trovare nuove strategie, nuove motivazioni ed
una nuova “politica” – se così vogliamo chiamarla – per motivare i cristiani del mondo
a sostenere la Terra Santa, la presenza, la qualità e la bellezza dei luoghi sacri,
perché la Terra Santa continua ad essere la Chiesa-madre di tutti noi.
D. –
L’esodo dei cristiani, purtroppo, è ancora una realtà. Come si possono superare tali
difficoltà?
R. – Innanzitutto, bisogna avere molta comprensione – e di questo
ne sono persuaso – nei confronti di quei giovani, di quelle famiglie e di quelle coppie
che, ad un certo punto della loro vita, si stancano di lottare contro le divisioni,
le difficoltà economiche, la difficoltà di avere e costruire una casa e vanno in cerca
di una situazione sociale un po’ più favorevole e rilassata. Detto questo, è però
estremamente difficile trovare delle strategie che possano frenare l’esodo dei cristiani.
Una delle strategie è quella della motivazione: motivare i cristiani a rimanere ed
incoraggiarli in tutti modi, perché rimangano ad essere pietre vive che parlano al
mondo intero. Un’altra strategia è quella di creare, attorno a loro, un’area di sostegno
pratico: cercare di offrir loro possibilità di lavoro o una casa che poi si può affittare
a prezzo politico. Questo significa però, da parte della Custodia di Terra Santa,
un investimento di energie, strategie e finanze non indifferenti, perché la costruzione
ed il restauro delle case, che vengono poi concesse in affitto ai cristiani, ha un
costo. Va ricordato infine che i cristiani in Terra Santa sono stimati perché sono
persone pacifiche, che hanno un discreto livello culturale, e quindi la loro presenza
è apprezzata sia in Israele e sia in Palestina. (vv)