Spentasi a 88 anni Wisława Szymborska, celebre poetessa polacca, Nobel per la letteratura
nel 1996
Le biografie che la riguardano mettono tutte indistintamente in rilievo un tratto
comune alla sua persona e alla sua arte: l’ironia. “La poesia non piace a più di due
persone su mille” aveva osservato una volta proprio in uno dei suoi versi. Eppure
Wisława Szymborska, premio Nobel per la Letteratura nel 1996, ha fatto della poesia
una ragione di una lunga vita, spentasi ieri all’età di 88 anni, nella città da lei
più amata e più vissuta, Cracovia. Il Nobel di 25 anni fa svelò al mondo il talento
di una compositrice precoce, passata per la guerra, scampata alla deportazione, e
poi inizialmente censurata dal regime socialista perché i suoi versi non erano intonati
al sentire del potere. Più tardi, quel sentire diverrà materia di riflessione, e in
qualche caso un tentativo di apologia, rigettato tuttavia come “peccato di gioventù”
a metà del Novecento. Innumerevoli sono gli articoli, le recensioni, i saggi firmati
su quotidiani e riviste letterarie dalla Szymborska, che conosce il primo, ampio successo
nel 1957 quando pubblica la raccolta intitolata “Appello allo Yeti”. Attorno ai suoi
versi si coagula negli anni una schiera di cultori e traduttori di varie nazionalità.
A restituire in italiano la metrica e le sonorità dei versi della Szymborska sarà
per molti anni Pietro Marchesani, ordinario di Letteratura e cultura polacca alla
facoltà di Lingue dell'Università di Genova, scomparso nel novembre del 2011. Ma anche
il Nobel Czesław Milosz ha dato un notevole contributo, non il solo, alla conoscenza
delle opere della poetessa polacca in lingua inglese. “Per me – aveva osservato una
volta la Szymborska – la poesia nasce dal silenzio”. E nel silenzio del sonno si è
spento uno degli ingegni poetici del Novecento. Un’epoca della quale la poetessa scrisse
un giorno: “Sono, ma non devo esserlo, una figlia del secolo”. (A cura di Alessandro
De Carolis)