Usa. L’arcivescovo di San Francisco: dignità e diritti degli immigrati
Il rispetto della dignità delle persone non conosce frontiere, non tiene conto del
colore della pelle, non si ferma di fronte all’esistenza o meno di validi documenti
di riconoscimento. E, soprattutto, non si sospende all’interno delle carceri. È quanto,
in sostanza, ha ribadito l’arcivescovo di San Francisco, George Hugh Niederauer. Il
presule è intervenuto sabato scorso, presso la cattedrale di St. Mary, a un incontro
interreligioso al quale hanno partecipato centinaia di immigrati, la maggior parte
dei quali d’origine ispanica. E ha fermamente contestato il programma federale di
contrasto all’immigrazione clandestina. In particolare laddove queste misure — che
contemplano l’espulsione dal territorio statunitense — vengono rigidamente applicate
all’interno della popolazione carceraria. Provocando sofferenza e divisioni profonde
tra le famiglie immigrate presenti in gran numero nel territorio dell’arcidiocesi
californiana. «Non possiamo permettere il dolore delle famiglie e che nelle nostre
comunità continui la separazione e la paura», ha detto l’arcivescovo, sottolineando
anche che «occorre rispettare la dignità di tutti i nostri fratelli e sorelle, privi
di documenti o meno». Il programma federale di contrasto all’immigrazione irregolare
— la California è lo Stato con il maggior numero di lavoratori immigrati al mondo
— prevede anche controlli all’interno delle prigioni. Le impronte digitali dei detenuti
vengono confrontate con quelle raccolte negli archivi informatici dall’agenzia Immigration
and Customs Enforcement (Ice). E per coloro che risultano essere entrati illegalmente
nel Paese scatta l’espulsione. L’applicazione di questo programma, secondo i responsabili
dell’Ice, ha finora portato al rimpatrio coatto di ben 110.000 immigrati. Tuttavia,
coloro che difendono i diritti degli immigrati sostengono che la normativa viene facilmente
applicata anche nei confronti di persone condannate per reati o illeciti di lievissima
entità. In molti casi, addirittura, le forze di polizia eseguono fermi tra la popolazione
immigrata sulla base di generici sospetti senza che sussistano particolari motivazioni
di ordine pubblico. «Questo programma permette che nostri fratelli e sorelle siano
inviate a un centro di detenzione anche per una piccola violazione del codice della
strada», ha detto, durante l’incontro di sabato, Moises Agudo, dell’arcidiocesi di
San Francisco. Il mese scorso 33 presuli cattolici degli Stati Uniti hanno chiesto
«una riforma sull’immigrazione giusta, umana ed efficace» assicurando agli immigrati
senza documenti che essi «non sono soli o dimenticati». (T.C.)