E’ ormai guerriglia urbana alle porte di Damasco, dove ieri l’esercito siriano ha
ripreso il controllo di alcuni quartieri periferici che erano passati nelle mani dei
ribelli. Fonti dell’opposizione parlano di almeno 53 morti, soprattutto civili. E
l’aggravarsi della crisi siriana sembrerebbe trovare conferma anche nel fallito tentativo
di fuga all’estero della moglie del presidente Assad. Il servizio di Marina Calculli.
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Cresce dunque l’attesa per la riunione di oggi al Consiglio
di Sicurezza dell’Onu, dove verrà discussa la bozza di risoluzione presentata dalla
Lega araba. Il segretario generale dell’organizzazione, , chiederà ufficialmente l’intervento
delle Nazioni Unite. Salvatore Sabatino ha intervistato Marcella Emiliani, esperta
di questioni mediorientali. 00:03:46:15 R. – Si aspetta la reazione
soprattutto della Russia, che finora si è opposta a qualsiasi intervento del Consiglio
di Sicurezza e delle Nazioni Unite, e l’atteggiamento della Cina, perché fino a questo
momento la Cina si è quasi disinteressata all’emergenza della guerra civile siriana.
Chiaramente il regime di Bashar al-Assad ha approfittato di questa maretta internazionale
per aumentare la sua repressione.
D. – Al Palazzo di Vetro è atteso
anche il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, che – secondo indiscrezioni
– chiederà al Consiglio di sostenere la proposta araba, ovvero che il presidente Bashar
al-Assad lasci il potere ad un governo di unità nazionale. Qual è il ruolo che vogliono
giocare gli Stati Uniti?
R. – Gli Stati Uniti sono rimasti abbastanza
defilati in tutta questa crisi, diciamoci la verità… Non dimentichiamo, però, che
la proposta della Lega Araba, quella cioè di una transizione pacifica in Siria, che
garantisca una sorta di immunità a Bashar al-Assad, ai suoi parenti e a coloro che
sono maggiormente compromessi con il suo regime, viene dall’emiro del Qatar: sappiamo
che, oggi come oggi, la base nel Golfo Persico degli Stati Uniti è proprio il Qatar.
Quindi non credo che l’emiro Al Thani si sia mosso senza aver prima consultato gli
Stati Uniti. Detto in altre parole: gli Stati Uniti non vogliono comparire in prima
persona in questa transizione: cosa, questa, che li metterebbe in rotta di collisione
con la Russia, li metterebbe a disagio con la Cina; e quindi si nascondono dietro
questo, che chiameremo tra virgolette, paravento del Qatar e della Lega Araba.
D.
– L’Iran ha chiesto che in Siria si indicano elezioni libere e si apra a un sistema
partitico pluralista. Come valutare quest’appello da parte di un Paese che ha non
pochi problemi con la Comunità internazionale?
R. – La fonte da cui
giunge questo appello non è certamente quella di un regime democratico: veniamo dai
plateali brogli delle elezioni del 2009 per il secondo mandato di Ahmadinejad.
Però va notata una cosa: fino a questo momento l’Iran aveva sostenuto a spada tratta
il regime. Il fatto che faccia una proposta del genere rappresenta comunque un'apertura
e rappresenta comunque bene i termini del timore che ha l’Iran e cioè che crolli all’improvviso
il regime di Bashar al-Assad, lasciando così Teheran completamente isolata in Medio
Oriente.
D. – La Comunità internazionale in questi dieci mesi di violenze
è rimasta spaccata sulla Siria e la Cina e la Russia si sono sempre dimostrate contrarie
a delle sanzioni; gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo defilato: gli interessi evidentemente
sono molto alti… R. – Gli interessi sono alti, perché la Siria – come sappiamo
– ha in mano le chiavi della stabilità del Libano e naturalmente veder dilagare l’instabilità
anche in Libano significa rendere critico il confine settentrionale di Israele da
una parte e, dall’altra, c’è questa alleanza strategica che dura dal 1979 tra Siria
e Iran, per cui toccare la Siria significa, naturalmente, andare a stuzzicare la bellicosità
del regime iraniano che – non scordiamoci – soltanto una settimana fa ha fatto le
sue brave manovre, con lanci di missili e quant’altro. Siamo veramente sull’orlo di
un baratro: questo regime, isolato a livello internazionale, non credo che riesca
a sopravvivere più di tanto. Il problema, però, è che nel frattempo questa guerra
civile diventa sempre più crudele e il numero dei morti aumenta a dismisura: secondo
le Nazioni Unite sono circa 3.500, ma io credo che siano perlomeno tre volte di più…
(mg)