Nigeria a rischio guerra civile, non cessano gli attacchi di "Boko Haram"
Non cessa la violenza in Nigeria. Nel Nord del Paese, nelle ultime 24 ore, cinque
persone sono morte per un nuovo attacco armato contro un commissariato di polizia
a Kano. Un custode di una chiesa è stato ucciso, invece, a Est del Paese nella città
di Potiskum. Dietro gli assalti, secondo gli inquirenti, c’è ancora la mano omicida
di "Boko Haram". Nell’ultimo mese, la setta integralista islamica ha ucciso quasi
duecento cristiani dopo avergli intimato di lasciare il Nord della Nigeria. Per un’analisi
della situazione, Massimiliano Menichetti ha intervistato Enzo Pace,
docente di sociologia delle religioni all’Università di Padova:
R. – In Nigeria
vivono 250 diversi gruppi culturali, linguistici ed etnici. I più importanti sono
quattro: quelli del Nord – gli Hausa e i Fulani - sono prevalentemente di religione
musulmana e quelli del Sud – i Yoruba e gli Igbo - sono di religione cristiana. Quando
queste popolazioni sono emigrate dal Sud verso il Nord più ricco, sono state trattate
e sono ancora oggi trattate come “non indigeni”, come persone straniere: tant’è che
devono vivere in quartieri che vengono chiamati “le città degli stranieri”.
D.
– Una discriminazione che ha anche altre ricadute?
R. – Certo, non possono
accedere alla proprietà terriera, non possono accedere alle cariche pubbliche più
importanti… C’è una discriminazione di fondo e questo fa scattare conflitti. In più,
in questi ultimi 20 anni, c’è stato un vigore nuovo per quanto riguarda la diffusione
di chiese pentecostali, con una missionarietà fortissima in ambiente musulmano. E
dove ci sono estremisti musulmani che, invece, pensano che quella sia la loro terra
e che - in più - sia la terra dell’islam, considerando quindi i cristiani impuri,
queste nuove forme di cristianesimo sono viste come una minaccia.
D.
– Come nasce il gruppo integralista "Boko Haram"?
R. – Nasce da un maestro
di scuola coranica della capitale dello Stato del Borno, Maiduguri, il quale
si rifa ad un pensiero che attraversa un po’ la storia contemporanea dell’islam, quelli
che noi chiamiamo in gergo i salafiti, quelli cioè che pensano che bisogna purificare
l’islam da tutte le "incrostazioni" storiche, da tutte le influenze occidentali, da
tutte quelle forme che – secondo questo punto di vista radicale – distruggono l’identità
musulmana.
D. – Cosa significa esattamente "Boko Haram"?
R.
– Haram è ambivalente e vuol dire “ciò che è sacro, ma in quanto sacro è interdetto”,
in questo caso è vietato, quindi è proibito. Boko vuol dire “educazione”: in realtà
questo gruppo si chiama “quelli che si battono per la diffusione e la predicazione
del puro islam” e si rifa a una corrente che non è nigeriana, la troviamo un po’ in
Somalia, e ha dei padri nobili in Arabia Saudita.
D. – Prof. Pace,
quando nasce questo gruppo fondamentalista?
R. – Da poco: è nato nel
2002. Si radicalizza due anni dopo, quando non c’è più nella politica governativa
– secondo questo gruppo – la volontà di arginare l’espansione di queste chiese. Fino
al 2009 gli attentati sono stati sempre mirati: viene fatta una retata di 800 persone
e viene arrestato il leader e il governo federale pensa di essere così riuscito a
controllare questo gruppo. Un anno dopo, però, il leader viene rilasciato e gli attentati
riprendono. Questa svolta di colpire i bersagli religiosi è recente, del 2010, e si
intensifica soprattutto dopo la vittoria elettorale del presidente Goodluck
Jonathan che è di matrice cristiana. Il gruppo pensa così di destabilizzare
il potere politico legato al capo di Stato.
D. – Nel Paese poi si sta
anche diffondendo la sharia?
R. – Sì, dal 1999 in alcuni Stati del Nord
c’è stata una virata di correnti fondamentaliste musulmane che hanno influenzato -
a livello federale - la decisione di adottare nelle Costituzioni regionali la legge
coranica come fonte di diritto: si applica la Sharia come fosse la legge di tutti,
ma non può essere la legge di tutti perché ci sono dei cristiani, ci sono quelli che
seguono la religione tradizionale… E’ stata una forzatura, che ha alimentato poi forme
ulteriori di radicalizzazione e tra queste Boko Haram è l’esempio più drammatico.
Si potrebbe arrivare ad un bagno di sangue ancora più drammatico…
D.
– In questo scenario, però, ci sono dei musulmani che hanno manifestato insieme ai
cristiani?
R. – Quelli che si sono opposti, tra i musulmani, sono poi
finiti nel bersaglio e sono stati anche uccisi.
D. – Cosa dovrebbe
fare la classe politica?
R. – Qui il rischio è che veramente si arrivi
ad una guerra civile. C’è una classe politica che sembra non essere all’altezza di
gestire il confronto, che non può essere solo militare e repressivo… Abbiamo visto
che più le forze politiche reprimono, più gli estremisti alzano il tiro! Uno scatto
di intelligenza sarebbe quello di mobilitare i grandi leader religiosi delle chiese
cattoliche, protestanti, di queste nuove chiese e musulmani, perché da "Boko Haram"
la religione viene usata strumentalmente, ma in realtà – materialmente parlando -
c’è un problema di controllo della terra. E’ necessario quindi riuscire ad isolarli
per difendere le ragioni non solo dei cristiani, ma anche le ragioni dei cittadini
nigeriani e quindi attuare un cambiamento politico dello statuto dei cosiddetti “non
indigeni” che sono discriminati. (mg)