Mongolia: per la Chiesa abolire la pena di morte è un grande passo nel rispetto dei
diritti umani
“L’abolizione della pena di morte dall’ordinamento dello Stato rappresenta un passaggio
epocale per la nazione e un momento cruciale per il rispetto dei diritti umani nel
Paese”: è quanto ha dichiarato all’agenzia Fides mons. Wenceslao Padilla, prefetto
apostolico di Ulaanbaatar in Mongolia che esprimendo il plauso di tutta la Chiesa,
ha salutato la decisione come "un passo fondamentale per il rispetto della dignità
umana e dei diritti basilari della persona, come quello alla vita". Il 5 gennaio scorso
il Parlamento della Mongolia ha approvato l’adozione del “Secondo Protocollo Opzionale”
al “Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici”. L’adesione al trattato impegna
infatti il Paese, di fronte alle Nazioni Unite e alla Comunità internazionale, a non
fare più ricorso alla pena di morte. Determinante nell’ottenere tale risultato è stata
la mobilitazione popolare attuata anche grazie alla Comunità di Sant’Egidio, con iniziative
politiche e culturali nelle scuole e nelle università, con campagne mediatiche e raccolte
di firme. Grazie al consenso della società civile, è stato superato l’ostacolo più
duro: l’opposizione dei deputati del Partito Rivoluzionario del Popolo Mongolo, maggioritario
in Parlamento, in un primo tempo determinati a difendere la pena capitale. “Le sfide
principali che ancora ci attendono- ha detto mons. Padilla - e che incidono sulla
tutela dei diritti individuali, sono la lotta alla corruzione, alla disoccupazione,
alla violenza, ma anche trasparenza nella gestione della vita pubblica". La piccola
comunità cattolica, circa 700 fedeli, portando i valori del Vangelo, contribuisce
a promuovere in Mongolia il rispetto della persona, il diritto alla vita, il diritto
all’istruzione”. (C.S.)