Italia: il governo chiude l’Agenzia per il Terzo Settore. Olivero: scelta grave
a danno della collettività
L'Agenzia per il terzo settore, insediata a Milano dieci anni fa, chiuderà. Lo ha
annunciato nei giorni scorsi il ministro del Lavoro, Elsa Fornero. L’ente era preposto
ad esercitare poteri di indirizzo e vigilanza delle organizzazioni non lucrative,
ma da circa tre anni operava senza risorse. Si tratta dell’ennesimo colpo per la cooperazione
sociale già nel mirino dei tagli delle ultime manovre economiche. Per un commento
sulle misure del governo e le conseguenze per la cittadinanza, Marco Guerra
ha intervistato Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo Settore:
R. – Non
approviamo assolutamente questa scelta del governo, che – a parere nostro – è sbagliata
sia nel merito, sia nel metodo: se da un lato certamente comprendiamo la necessità
di andare a fare risparmio in questo momento, dall’altro non ci sono riesami da fare
riguardo al mondo del Terzo Settore, in particolare riguardo questa agenzia che si
va a tagliare. Va detto che è uno strumento utilissimo e che costa poco al Paese.
Quelle funzioni che attualmente svolge l’agenzia ci attendiamo che, in ogni caso,
non vadano perse e questo nell’interesse della collettività, nel senso di un soggetto
che vada a svolgere insieme funzioni di vigilanza, ma anche di promozione perché la
nostra realtà è una realtà che in qualche misura in questi anni è cresciuta, ma che
ha bisogno di essere tutelata e garantita nella crescita. Ci sembra strano che questo
governo, che proprio sul tema della trasparenza sta facendo moltissimo, non abbia
capito qual è la portata della scelta che sta compiendo.
D. – La crisi
ha portato molti tagli anche al Terzo Settore: si tratta di un momento per riprogrammare
il vostro lavoro o si rischia il colpo di grazia a molte organizzazioni di utilità
sociale?
R. – Purtroppo si sta andando più verso la seconda ipotesi.
Certamente avere meno risorse pubbliche, talvolta, può anche essere utile per andare
a costruire dei sistemi sani, virtuosi e non assistenzialistici. Però attenzione perché
quando il pubblico si ritira così repentinamente, come sta facendo oggi, chiaramente
non dà la possibilità ai cittadini di trovare forme sussidiarie autentiche per andare
a crescere. Noi crediamo sia necessario mettere mano al più presto a un’analisi completa
del sistema di welfare e poi ad un sistema di riforme. Questo proprio per far sì che
i tagli che ci sono e con i quali dobbiamo fare i conti non vadano però a colpire
i soliti noti e non vadano a distruggere quel patrimonio di solidarietà che nel tempo
abbiamo costruito nel nostro Paese.
D. – No profit e il volontariato
hanno sostituito lo Stato in molti servizi essenziali, rivolti soprattutto alle categorie
più deboli come anziani, minori e famiglie a basso reddito. Cosa rischiano oggi questi
soggetti con questi tagli?
R. – Rischiano moltissimo! Noi abbiamo già
denunciato nelle settimane scorse che molti servizi essenziali dal primo gennaio stanno
scomparendo: assistenza domiciliare; assistenza agli anziani, anche nelle strutture
e nelle Rsa; alcuni comuni stanno denunciando l’impossibilità a continuare a pagare
le integrazioni rette; tutte le attività educative per i giovani, per i giovani a
rischio; l’integrazione degli stranieri. Tutte cose molto concrete che si sono bloccate
a partire dal primo gennaio, in quanto i fondi che erano stati utilizzati in questi
anni, per queste attività, sono venuti meno. Non sono forse questi gli elementi cruciali
della nostra coesione sociale? Noi ci domandiamo se non sarebbe più opportuno andare
a verificare in questo momento se ci sono altri tagli che si possono fare e che incidano
meno sulle persone già deboli e che, in qualche misura, già hanno pagato un prezzo
altissimo per la crisi che stiamo vivendo. (mg)