Mons. Zimowski sulla lotta alla lebbra: i malati sono in calo ma il mondo non smetta
di aiutarli
I successi si qui ottenuti nella lotta contro il Morbo di Hansen non facciano calare
l’attenzione internazionale verso i malati di lebbra, che necessitano ancora oggi
di sostegno umano e di integrazione sociale. A invocarlo è il presidente del Pontificio
Consiglio per gli Operatori Sanitari, l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, nel suo Messagggio
per la 59.ma Giornata mondiale sulla lebbra, che verrà celebrata questa domenica.
Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Mycobacterium
Leprae” dice poco, “Morbo di Hansen” sicuramente di più. Ma dietro il nome tecnico
della scienza si agita ancora il fantasma di un male, la lebbra, che sebbene non più
temuto come in passato, continua a spaventare al solo evocarlo per la sua capacità
di violare la bellezza essenziale del corpo umano. Sono circa 200 mila – e in calo
– i nuovi contagiati, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Mons. Zimowski riporta il dato ma non abbassa la guardia. “I successi sin qui ottenuti,
in termini di forte riduzione del numero di infettati, non esimono certamente i governi
e gli organismi internazionali – scrive – dall’aumentare l’attenzione e il lavoro
contro la diffusione della lebbra né dalle loro responsabilità per quanto riguarda
la prevenzione, in termini educativi e igienicosanitari, e la ‘riammissione’ della
persona guarita nonché il sostegno a tutte le vittime dell’infezione”.
Questo
dell’aiuto alle vittime della lebbra è un punto che sta particolarmente a cuore al
responsabile del dicastero vaticano della pastorale sanitaria. Il quale guarda a chi
dal tunnel del male è uscito vittorioso. “Le persone curate e sanate dalla lebbra
possono e debbono esprimere – è il suo auspicio – tutta la ricchezza della loro dignità
e spiritualità e, inoltre, una piena solidarietà verso gli altri, soprattutto nei
confronti di chi ne è stato egualmente colpito ed è stato segnato indelebilmente dall’infezione”.
Come il lebbroso del Vangelo che torna indietro – unico fra 10 – a ringraziare Gesù
per averlo guarito, anche chi oggi ha sconfitto la lebbra e “ha intrapreso la difficile
strada del reinserimento sociale e lavorativo”, “può comunicare – sostiene mons. Zimowski
– la propria gratitudine anche materialmente, diventando egli stesso testimone, contribuendo
alla divulgazione dei criteri di prevenzione e di tempestiva identificazione della
malattia nonché al sostegno morale delle persone infettate”. Inoltre, insiste il presule,
chi è guarito può “cooperare con le strutture e le iniziative ad hoc, affinché le
terapie necessarie vengano completate e seguite dal reinserimento sociale di chi è
stato sanato”.
Nel ringraziare per il loro impegno alcune delle realtà
ecclesiali e di volontariato – e citando in particolare la Fondazione Raoul Follereau
e l’Ordine Sovrano dei Cavalieri di Malta – mons. Zimoswski conclude invitando chi
di dovere a rendere i successi ottenuti “definitivi e sempre migliorati”, così da
“trasformare la lebbra da minaccia e flagello a memoria, per quanto spaventosa, del
passato”.