A San Giovanni in Laterano la seconda delle letture teologiche sulle omelie pasquali
del Papa
Si è svolta nella Basilica di San Giovanni in Laterano la seconda delle letture teologiche
dedicata alle grandi omelie pasquali di Benedetto XVI, organizzata dall’Ufficio per
la Pastorale universitaria della diocesi di Roma. Tema dell’incontro, “L’identità
dell’uomo nel tempo e oltre il tempo”. Il servizio di Michele Raviart:
Il morire
è un andare via, un viaggio definitivo dal quale non c’è ritorno. Gesù, invece, dice
della sua morte ai discepoli: “Vado e vengo da voi”, e il suo andare via diventa un
ritorno nel mondo, in tutti i tempi e in tutti luoghi. Così, nell’omelia pasquale
del 22 marzo 2008, Benedetto XVI parla dell’unicità del viaggio di Gesù che ci mette
in relazione con Dio, donandoci un’identità nuova e più profonda: Cristo in noi. Mons.
Livio Melina, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II:
“La
grande relazione, quella che definisce l’identità dell’uomo, che lo assicura anche
e non solo nel tempo, ma oltre il tempo, è la relazione con Gesù. Gesù, il Risorto,
che è tornato da questo grande viaggio, ci propone la narrazione pasquale come grande
narrazione all’interno della quale noi possiamo trovare il senso della nostra narrazione
umana. È un’identità che parte dal corpo, che è radicata e testimoniata nel corpo,
ma che va oltre il corpo”.
La corporeità pone infatti dei limiti
all’esistenza umana. Il nostro tempo è destinato a finire e per questo la vita umana
va tutelata in ogni suo momento. Laura Palazzani, docente di
Filosofia del diritto alla Lumsa:
“Dal punto di vista bioetico, soprattutto,
è un’omelia importante nel momento in cui il Pontefice tocca il tema della morte e
del morire come del passaggio - come dice il Pontefice 'del non ritorno'. La vita
dell’essere umano ha una continuità che inizia dal momento del concepimento e finisce
con la morte cerebrale totale. E ogni momento dell’espressione della vita del corpo
- anche se può essere caratterizzato da una vulnerabilità, dalla malattia - è comunque
sempre espressione di una persona che ha una dignità”.
Gesù ha
superato la barriera della mortalità grazie all’amore eterno del Padre e il suo ritorno
rende il nostro corpo mortale una promessa dell’eternità. Il prof. Angelo
Luigi Vescovi, direttore scientifico dell’Ospedale “Casa sollievo della
sofferenza”:
“Noi siamo parte di un qualcosa di più grande, integrati
in un sistema che forse come esseri umani forse non riusciamo a comprendere ma che
fa parte integrante di noi. Quindi, la vita non finisce con noi, ma semplicemente
cambia forma, cambia stato. Noi abbiamo svolto e svolgeremo una funzione. E non è
un relativizzare, ma calare la natura umana all’interno del suo contesto naturale.
L’uomo non scompare con la morte”.(bi)