Italia. Senato approva riferimento alle radici giudaico-cristiane in politica europea
Nella mozione di maggioranza sulla politica europea dell’Italia, approvata dal Senato,
è stato introdotto un emendamento della Lega Nord che introduce il riferimento alle
radici giudaico-cristiane nella premessa del documento, oltre alle comuni radici culturali
già indicate nel testo. Hanno votato a favore, oltre al Carroccio, anche Pdl e Terzo
Polo. Contrari Pd e IdV. Per un commento Debora Donnini ha intervistato Luca
Diotallevi, professore di Sociologia all’Università di Roma Tre:
R. – Naturalmente,
è un evento di carattere prevalentemente simbolico. Ma è un intervento a correzione
del testo di straordinaria importanza, perché precisa e dà conto di una verità storica
che, altrimenti, la precedente formulazione avrebbe occultato: le radici dell’esperimento
europeo sono giudaico-cristiane.
D. – Secondo lei, è importante sottolineare
proprio in questo momento un’identità dell’Europa, facendo riferimento alle radici
giudaico-cristiane, perché l’identità non sia solo – per così dire – economica?
R.
– Le radici giudaico-cristiane innanzitutto appartengono alla verità della storia.
Ricordarle significa costruire un antidoto al tentativo, esercitato dalla politica
sotto il nome di Stato, di costituire un’identità e un potere assoluti sulla società
europea continentale.
D. – In questo senso, dando la possibilità ai
popoli di ritrovare, appunto, un fondamento comune, che non sia solo economico…
R.
– Il rischio che noi corriamo non è di un’identità economica, ma di un’identità laicistica
fondata sul potere dello Stato. Ecco perché il richiamo delle radici giudaico-cristiane
è importante: relativizzando la politica introduce l’unico meccanismo di correzione
dello strapotere economico, che è il meccanismo del mercato, come insegna la Centesimus
annus. Per questo, nella Caritas in veritate Benedetto XVI dice che la governance
deve essere poliarchica e per questo a Westminster ha sottolineato l’importanza della
convergenza tra le istituzioni della cultura politica britannica e la Dottrina sociale
della Chiesa.
D. – Cosa hanno portato l’ebraismo e il cristianesimo
in Europa a livello di diritti?
R. – Come ha ricordato Benedetto XVI
a Berlino, le tradizioni ebraico-crsistiane in alleanza con il diritto romano hanno
portato il riconoscimento del valore assoluto della persona e la relativizzazione
di ogni pretesa da parte dei poteri mondani. In termini più analitici, l’emancipazione
di tutte le persone umane e la capacità, aggregandosi, di costruire organizzazioni
e istituzioni che concorressero al bene comune non è stato soltanto un principio,
ma è stata la grande storia sociale dell’Europa, di cui il cristianesimo è stato senz’altro
l’anima principale: quindi ospedali, scuole, emancipazione della donna, sindacati,
partiti politici, imprese, università... E proprio l’università è una delle tipiche
invenzioni del Medio Evo cristiano.
D. – In parte i diritti dei lavori,
un tema molto difficile oggi perché si lega a quello del costo del lavoro…
R.
– Come ricordava Benedetto XVI, l’incontro tra la rivelazione cristiana e il diritto
romano ha portato a riconoscere ovunque, in qualsiasi condizione – dentro la famiglia,
in un posto di lavoro, nell’esercizio delle responsabilità civili – insopprimibili
valori della persona umana: dunque, emancipazione della donna e i diritti dei lavoratori
sono il prodotto di questo. Naturalmente, oggi il confronto si sposta a livello globale,
perché abbiamo a che fare con realtà anche economicamente molto dinamiche – pensiamo
alla Cina – che però questi valori non li riconoscono pienamente e quindi noi siamo
contemporaneamente impegnati in un confronto economico, in un confronto politico,
ma anche in un confronto – diciamo – di visione della persona umana e dei suoi diritti.
(mg)