Eurispes: Italia, "democrazia bloccata". Cresce consenso per la Chiesa. Commento di
Salvatore Martinez
E’ "pessimo" il giudizio nei confronti delle Istituzioni da parte degli italiani.
Il dato emerge dal rapporto Eurispes presentato questa mattina a Roma, rapporto da
cui emerge un Paese che vive un clima generale di depressione. I particolari nel servizio
di Massimo Pittarello:
“Un’Italia
vittima e complice di una democrazia bloccata” è il sottotitolo del “Rapporto Italia
2012” presentato stamani dall’Eurispes e che racconta un Paese attraversato da un
generale senso di depressione, dove la “classe dirigente”, si legge, “autoreferenziale,
privilegiata e feudale”, vive e prospera anche grazie alla complicità della società.
Evasione fiscale ed economia sommersa sono le ragioni di questo nefasto sodalizio
che per il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fava, “è necessario trovare il coraggio
di rompere”, se si vogliono superare gli egoismi corporativi e costruire un progetto
che permetta l’uscita dall’“emergenza nazionale” in tema di lavoro e occupazione.
Le famiglie italiane sono in grave difficoltà economica, non risparmiano più e consumano
sempre meno, spesso obbligate a ricorrere a prestiti e rate, con un incombente rischio
usura. Dal Rapporto emerge una fiducia in calo verso quasi tutte le istituzioni, fra
le quali il parlamento rimane la più disprezzata. Eccezion fatta per la Chiesa, la
cui fiducia sale dal 40 al 47,3%, mentre va sempre peggio per sindacati e partiti.
Le ragioni di un ritrovato consenso nella Chiesa cattolica le abbiamo chieste al professore
Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito
Santo:
R. - La Chiesa ha insistito fortemente sul tema della moralizzazione
della vita pubblica. Benedetto XVI non ha mancato di richiamare al fatto che questo
tema investe anche l’istituzione ecclesiale, gli stessi uomini di Chiesa. Don Luigi
Sturzo diceva che non possono esistere due morali: non c’è una morale privata e una
morale collettiva. “Mos” – che vuol dire "costume" in latino – indica i nostri stili
di vita, indica gli atteggiamenti di ogni giorno. L’antipolitica alligna soprattutto
nelle coscienze, allorquando non c’è coerenza di vita rispetto all’istituzione che
va servita con virtù. La gente chiede assunzione di responsabilità, chiede coerenza
tra fede e vita. Pertanto, nonostante le difficoltà che qua e là sembra registrare,
la Chiesa merita maggiore fiducia, merita maggiore consenso, a testimonianza che dalla
Chiesa, dal cristianesimo, dall’idealismo cristiano viene la più forte e arricchente
forza di umanizzazione di questo nostro tempo, che ponendo in crisi la presenza di
Dio, sta sempre più oscurando l’uomo, la sua dignità, il suo migliore futuro.
D.
- Sui temi etici – quali testamento biologico, pillola abortiva e divorzio breve –
gli italiani si mostrano favorevoli. Quali sono le ragioni di questo grande consenso?
R.
– Ricorderei ciò che nella sua prima enciclica, Deus Caritas est, Benedetto
XVI ebbe a scrivere proprio all’esordio, e cioè che l’amore si presenta talvolta con
contraffazioni del suo significato più autentico. Talvolta, gli uomini non sono incoraggiati
a perseguire queste vie. Bisognerebbe riscoprire il valore della comunità, il valore
di una solidarietà che pone il calore di una moralità pubblica, di una moralità privata,
di un affetto verso coloro che portano una sofferenza. E’ più facile decretare la
morte dinanzi a una sofferenza, che promettere vita, speranza e certamente farsi compagno
di viaggio di chi soffre.
D. – Il titolo del rapporto Eurispes è “Un’Italia
vittima e complice di una democrazia bloccata”. Che quadro ne esce?
R.
– Sembrano prevalere le letture istituzionali in un tempo di decadenza delle rappresentanze
e delle stesse istituzioni, che non appaiono credibili dinanzi alle nuove generazioni.
C’è una grande responsabilità guardando al futuro: c’è l’incapacità degli adulti di
indicare ragioni di vita, ragioni di speranza e quindi di immaginare una realtà, quella
che i nostri giovani avranno come futuro da vivere, entro la quale spazi autentici
di libertà, spazi autentici di giustizia sociale, spazi autentici di carità sociale
possano essere rappresentati. Quindi, questi racconti statistici ci dicono che bisogna
fare di più, bisogna ripartire però dalle comunità, ripartire dai territori, dalla
gente. Ritengo che l’Italia, soprattutto il Sud con la sua forte componente religiosa,
possa rappresentare davvero un motore di sviluppo, davvero una possibilità d’inversione
di tendenza. (ap)