Messaggio del Papa per la Giornata missionaria mondiale: la Chiesa faccia riscoprire
la gioia del credere
A 50 anni dal Concilio, urge che la Chiesa ritrovi “lo stesso slancio apostolico delle
prime comunità cristiane che, piccole e indifese, furono capaci di diffondere il Vangelo
in tutto il mondo”. È una delle esortazioni di Benedetto XVI contenute nel suo Messaggio
per la Giornata missionaria mondiale 2012, pubblicato oggi. La “missio ad gentes”,
afferma fra l’altro il Papa, sia “il costante orizzonte” di ogni attività della Chiesa
e fonte della sua carità. Il servizio di Alessandro De Carolis:
All’epoca
in cui la fascia povera a sud del pianeta, e parte anche dell’est, veniva sveltamente
etichettata come “Terzo mondo”, i giovani vescovi delle Chiese che in quell’area vivevano
giunsero a Roma a portare un’appassionata testimonianza di ciò che voleva dire essere
evangelizzatori essendo però una minoranza, o esserlo in una comunità drammaticamente
priva di mezzi. Benedetto XVI parte da questa immagine del Concilio Vaticano II –
al quale partecipò come giovane sacerdote – per dire all’inizio del suo Messaggio
che proprio quell’esperienza di “essere pastori di Chiese giovani e in via di formazione”
– portata fra i seggi conciliari dai presuli dell’Africa e dell’America Latina, dell’Asia
e dell’Oceania – contribuì “in maniera rilevante a riaffermare la necessità e l’urgenza
dell’evangelizzazione ad gentes”. Nei 50 anni successivi al Concilio questa “visione”,
afferma il Papa, “non è venuta meno”, anzi ha stimolato “una feconda riflessione teologica
e pastorale”. Tutti i Pontefici dell’epoca contemporanea l’hanno sempre rilanciata
come una “priorità”. Tuttavia, chiarisce Benedetto XVI, il mandato missionario di
Cristo, affidato per primo agli Apostoli e dunque oggi ai vescovi, non si esaurisce,
per ciò che li riguarda, “nell’attenzione alla porzione di Popolo di Dio” loro affidata,
ma “deve coinvolgere tutta l’attività della Chiesa”, dalle parrocchie agli istituti
religiosi, dai movimenti ecclesiali ai singoli cristiani. Per questo, indica, tanto
i piani pastorali quanto l’organizzazione diocesana devono adeguarsi alla vita della
Chiesa radicata nella quotidianità di un “mondo – osserva – in continuo cambiamento”
e in larga parte, non solo a occidente, “in crisi di fede”.
Del resto,
la Chiesa avrà modo quest’anno di riflettere sui vari aspetti del tema, con la celebrazione
dell’Anno della fede e il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione. Siano entrambi,
auspica Benedetto XVI, “occasioni propizie per un rilancio della cooperazione missionaria”.
E riflettendo sul rapporto tra la fede e il dovere di comunicarla, il Papa chiede
nuovo “entusiasmo” per far “riscoprire la gioia del credere” specie in quei Paesi
che il Vangelo lo conoscono da secoli, ma che – ribadisce – stanno “perdendo il riferimento
a Dio”. La preoccupazione di evangelizzare, incalza, “non deve mai rimanere ai margini
dell’attività ecclesiale e della vita personale del cristiano”. E l’avere nel cuore
la passione per il Vangelo deve sempre accompagnarsi alla carità. Il suo annuncio,
scrive il Pontefice, si fa “intervento in aiuto del prossimo, giustizia verso i più
poveri, possibilità di istruzione nei più sperduti villaggi, assistenza medica in
luoghi remoti, emancipazione dalla miseria, riabilitazione di chi è emarginato, sostegno
allo sviluppo dei popoli, superamento delle divisioni etniche, rispetto per la vita
in ogni sua fase”. Nel ringraziare gli apostoli di oggi – sacerdoti, religiosi e laici
– e in particolare le Pontificie Opere Missionarie per la loro dedizione, Benedetto
XVI indirizza lo sguardo della Chiesa su un modello intramontabile, quello di duemila
anni fa. Abbiamo bisogno, dice, “di riprendere lo stesso slancio apostolico delle
prime comunità cristiane, che, piccole e indifese, furono capaci, con l’annuncio e
la testimonianza, di diffondere il Vangelo in tutto il mondo allora conosciuto”.