Italia. I vescovi: la crisi mondiale più che economica è etica e culturale
All’indomani della prolusione del presidente della Cei, i membri del Consiglio permanente
hanno valorizzato i passaggi centrali della riflessione del cardinale Bagnasco, del
quale è stato apprezzato lo stile realistico e insieme fiducioso. Tutti gli interventi
hanno convenuto sul fatto che la crisi economica che sta scuotendo il mondo non solo
mette in crisi l’idea ingenua di un progresso illimitato e quasi automatico, ma svela
pure la radice di un processo che, prima che economico e politico, è etico e culturale.
Se la crisi dell’Europa è crisi di fede si richiede una stagione di rinnovata evangelizzazione
per superare quello scetticismo contagioso che arriva fino alla reticenza su Gesù.
Di qui l’attenzione nei riguardi del mondo degli adulti, dove occorre ritornare ad
un annuncio diretto che sia in grado di presentare Gesù come una persona viva, un
nostro contemporaneo. Lo snodo degli adulti è pure decisivo per superare quella distanza
tra la fede e la vita che si rispecchia o in una fede povera di contenuti teologici
o in una vita priva di riferimenti morali. L’indifferenza religiosa - nonostante in
Italia si registri una sorprendente persistenza della religiosità popolare - dovrà
essere affrontata con una proposta che mostri nel concreto il cristianesimo come compimento
dell’umano, che non ha paura di misurarsi con la verità, senza diluirla in una generica
forma di esperienza. Per questa ragione, l’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI,
si rivela una preziosa opportunità per tornare al kerigma e per una forte catechesi
popolare. Più di uno, analizzando la crisi economica, ha evidenziato il crescente
divario tra la finanza e il lavoro. Questo scarto che è all’origine del drammatico
fenomeno della disoccupazione giovanile, che nel Sud ha raggiunto livelli insostenibili,
chiama in causa la responsabilità politica. E sollecita un impegno di laici cristiani
in politica che sappiano farsi interpreti credibili dei principi della dottrina sociale
della Chiesa. In tale contesto si è pure rimarcato il valore sociale e non solo religioso
della domenica, come giorno di riposo dal lavoro, del ritrovarsi della famiglia, auspicando
un’alleanza efficace per la salvaguardia di questo tempo comune, che aiuta anche la
coscienza dell’essere parte di un popolo. Si è infine auspicato il riconoscimento
della cittadinanza per i bambini immigrati nati in Italia. Da ultimo è stata rimarcata
la necessità di sostenere la Scuola cattolica che costituisce un grande servizio reso
alla società civile, oltre ad essere un luogo privilegiato di educazione cristiana.
(T.C.)