Sicilia: riprende il trasporto merci. Mons. Manzella: non blocchi ma politiche
oculate
Al sesto giorno dal suo inizio, in Sicilia si allenta la protesta del movimento “Forza
d’urto” che riunisce alcune categorie di lavoratori e piccoli imprenditori fra cui
autotrasportatori, agricoltori e pescatori. Nell’isola, stremata dalla mancanza di
carburante, è ripreso il trasporto delle merci e sono cessati i blocchi delle strade,
tuttavia i leader del movimento hanno annunciato che rimarranno sit-in di protesta
fino al 26 gennaio. A placare gli animi ha contribuito la decisione di inserire nel
decreto liberalizzazioni del governo la possibilità di anticipare il recupero delle
accise per gli autotrasportatori. Intanto, il prefetto di Palermo non ha escluso punti
di contatto tra la criminalità organizzata e alcuni gruppi di manifestanti. Per un
commento sulle proteste e la situazione sull’isola, Marco Guerra ha sentito
mons. Vincenzo Manzella, vescovo di Cefalù e delegato per i problemi sociali
della Conferenza episcopale siciliana:
R. – Il disagio
c’è, si avverte ed è grande. Non saranno però né gli scioperi e né le proteste a risolvere
il problema, che andrà quindi risolto con soluzioni politiche e di lavoro lungimiranti.
La grande preoccupazione che avverte tutto il Sud è proprio la mancanza di lavoro.
Dove manca il lavoro, manca il dignitoso vivere. Che ci sia tanta preoccupazione,
quindi, è innegabile. Noi ci sforziamo di stare vicino alla nostra gente, intervenendo
anche con le Caritas parrocchiali. Tanta gente si rivolge ai centri Caritas per il
pacco-viveri, e la richiesta va man mano aumentando.
D. – La protesta
unisce diverse categorie: autotrasportatori, agricoltori e pescatori... Che impressione
le ha fatto questo movimento?
R. – Si coglie il disagio generale. Sentivo
proprio ieri che qui, a Cefalù, ci sarebbe stata una manifestazione di sciopero dei
muratori, cioè di quella gente che lavora alla giornata per guadagnarsi di che vivere.
Questo avviene perché le imprese sono ferme, i cantieri sono bloccati, e perché non
arrivano quei finanziamenti e quegli aiuti per i lavori pubblici che si attendevano.
Il disagio, lo ripeto, si avverte ed è generale.
D. – Si sente di mandare
un messaggio di speranza e di riconciliazione alle diverse categorie e alle diverse
anime di questa protesta?
R. – Noi ci auguriamo che, da questi sacrifici
che oggi l’Italia sta facendo, possa nascere davvero una nuova realtà e che la crisi
possa essere vissuta anche come un’opportunità. Se la crisi serve per far cambiare
rotta, per far prendere coscienza, per far dire che non si può continuare in questo
modo e che vanno trovate altre soluzioni, più degne di un vivere civile ed umano,
ben venga la crisi. Ed allora, ecco il mio messaggio: apriamoci alla speranza. (vv)