Al carcere di Rebibbia la premiazione dei presepi dei detenuti, nel ricordo della
visita del Papa
Dove c’è un detenuto, lì c’è Cristo. Queste parole pronunciate da Benedetto XVI nel
carcere romano di Rebibbia, il 18 dicembre scorso, continuano a risuonare nel cuore
dei detenuti. E a poco più di un mese dalla visita del Papa, i carcerati hanno vissuto
oggi la premiazione del concorso dei Presepi, ideati e realizzati da loro. A seguire
la premiazione, c’era il nostro inviato, Davide Dionisi:
È ancora
forte il ricordo della visita di Papa Benedetto XVI qui a Rebibbia e gli ospiti della
Casa Circondariale romana continuano a parlarne e a rievocare i momenti più belli.
Il ringraziamento per quell'abbraccio che il Santo Padre ha voluto riservare loro
prosegue attraverso diverse forme e testimonianze. Tra queste anche il concorso dei
presepi che ha visto protagonisti 44 detenuti, cimentatisi in questa antica arte.
Sei le rappresentazioni in gara, compresa quella proveniente dal carcere di Civitavecchia
che quest'anno ha voluto partecipare con un'opera tutta sua. Alla fine, l'ha spuntata
la rappresentazione del "camerone" – così la chiamano da queste parti – ovvero la
cella dove vivono i 6 o i 9 detenuti costretti a condividere uno spazio davvero angusto.
Al direttore della sezione penale, Stefano Ricca, abbiamo chiesto
cosa vuol dire realizzare un presepe con i limitati mezzi a disposizione in un luogo
come questo:
R. – Il carcere è il luogo nel quale veramente si assiste
alla massima espressione dell’inventiva, della creatività dell’essere umano, perché
con mezzi inesistenti, ridottissimi, si riesce a realizzare delle opere che richiederebbero
ben altre attrezzature per poterle costruire, come nel caso specifico dei presepi.
D.
– Parliamo della visita del Papa. Come è stato vissuto quell’evento da chi non ha
potuto prendere parte a quell’incontro, seppure a poche centinaia di metri di distanza?
R.
– E’ stato certamente vissuto con grande attenzione, perché ci si è resi conto che
il Santo Padre, attraverso la sua presenza fisica all’interno di un istituto penitenziario,
ha voluto proprio affermare con forza, con la fisicità della presenza l’interesse,
la vicinanza, la solidarietà, la fratellanza, che in qualche maniera ha voluto esprimere
al mondo del penitenziario. Sono convinto che la solidarietà espressa dal Pontefice
sicuramente sia andata in primis alle persone detenute, ma certamente il Santo Padre
ha voluto anche essere vicino al personale penitenziario il quale, anche in gravissime
condizioni di sofferenza, di organico, continua ad assicurare tutti quei servizi che
rendono la detenzione più sopportabile, soprattutto in un momento caratterizzato,
come quello presente, da un forte sovraffollamento delle strutture penitenziarie.
(ap)