Problemi e opportunità dei migranti asiatici in Europa: concluso a Manila il viaggio
di Caritas-Migrantes
Si conclude oggi il quarto viaggio intercontinentale di studio del Dossier Statistico
Immigrazione Caritas-Migrantes, dedicato quest’anno al tema “Asia-Italia: scenari
migratori”. Fausta Speranza ha raggiunto telefonicamente a Manila mons.
Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma, per parlare in particolare
della realtà della comunità dei filippini:
R. – Siamo
andati in un Paese, che si chiama Lemery ed abbiamo visto ed incontrato gli emigranti
che sono ritornati dall’Italia. Abbiamo visto come, con le rimesse, sono riusciti
a creare un Paese nuovo, dove i bambini vanno a scuola in classi nuove. C’è una situazione
di novità per quanto riguarda questi ambienti.
D. – Lei è direttore
della Caritas diocesana di Roma: che cosa l’ha colpita di queste comunità che lei
segue da vicino qui a Roma?
R. – La prima cosa che mi ha colpito è un’espressione
che ho sentito dagli emigranti di ritorno: parlano di famiglia transazionale. Significa
che magari hanno un fratello in Canada, un altro in Europa, e magari anche i genitori
si trovano nei Paesi europei. Abbiamo incontrato ad esempio dei ragazzi che avevano
i loro genitori in Italia. Un ragazzo di 17 anni ci raccontava che erano ben quattro
anni che non vedeva i suoi genitori e che loro avrebbero voluto che lui andasse in
Italia, ma lui non se la sentiva di lasciare il suo ambiente ed i suoi amici. C’è
quindi questa realtà di famiglie spezzate e dilaniate. Questa mattina siamo andati
a parlare con l’arcivescovo di Manila, ed abbiamo incontrato anche il vescovo ausiliare,
che è poi il direttore della Caritas nazionale delle Filippine. Entrambi hanno convenuto
con noi che l’unità della famiglia, divisa per via delle migrazioni, è uno dei problemi
più grandi. Ci dicevamo soprattutto che la pastorale della Chiesa, l’intento della
Chiesa delle Filippine – che dev’essere poi anche il nostro intento ed impegno come
città di Roma – è quello di aiutare le persone a non far acquisire una mentalità consumistica,
che può andare a turbare il patrimonio culturale e religioso di questo popolo. Patrimonio
che, lo abbiamo visto, è molto ricco. Così la celebrazione dell’Eucaristia, che vede
anche una presenza molto forte e massiccia di giovani e che esprime una dimensione
religiosa davvero molto forte, dev’essere un patrimonio che va strenuamente difeso.
Questo, ovviamente, dipende anche dalla situazione della nostra città. Noi, come diocesi
di Roma, dovremmo aiutare queste persone a migliorare la propria condizione economica
ma anche a non fargli perdere quei beni e quelle ricchezze spirituali che possiedono.
(vv)