India: nel Kashmir, tribunale islamico chiede l’espulsione di cinque religiosi cristiani
Un tribunale islamico in Jammu e Kashmir ha chiesto ieri l’espulsione di cinque religiosi
cristiani e il controllo a tappeto delle scuole missionarie cristiane nella regione.
Tra le personalità interessate dalla sentenza, vi sono il pastore anglicano CM Khanna
e padre Jim Borst, accusati di recente di conversioni forzate e proselitismo. Sajan
K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), ribadisce: “Questo
verdetto è illegale, perché il tribunale islamico non ha alcuna autorità nel nostro
Paese. La Corte suprema - riferisce l'agenzia AsiaNews - deve prendere provvedimenti
contro i membri di questo organismo shariatico”. Mons. Peter Celestine, vescovo della
diocesi di Jammu-Srinagar, afferma: “La Costituzione indiana garantisce libertà religiosa,
che include il diritto di diffondere il proprio credo e di convertirsi. Nelle sue
scuole, padre Jim Borst ha sempre e solo servito la maggioranza musulmana, educando
i giovani. Il missionario non è mai stato coinvolto in conversioni forzate o proselitismo.
I nostri istituti cristiani servono lo Stato, non i nostri interessi”. Secondo il
presidente del Gcic, “se il sistema giudiziario indiano si sottometterà a questi tribunali
islamici, scatenerà la violenza degli estremisti contro la minoranza cristiana”. Per
questa ragione, aggiunge, “manderemo una petizione alla Commissione Onu per i Diritti
umani, per assicurarci che i cinque religiosi abbiano giustizia”. Per Predhuman Joseph
Dhar, un bramino indù convertito al cristianesimo, “il governo indiano ha paura di
confrontarsi con la minaccia crescente del terrorismo islamico” e “per il bene del
Kashmir non sta facendo nulla”. L’intellettuale, che insieme a padre Borst ha tradotto
la Bibbia in kashmiri, sottolinea: “Non tutti i musulmani sono terroristi, molti di
loro desiderano vivere in pace. Ma oggi la situazione mondiale ha esacerbato i toni,
e chiunque parli di estremismo o terrorismo islamico viene considerato razzista e
islamofobo. Per questo, nessuno in Kashmir è disposto a schierarsi contro i soprusi
e le aggressioni subite dalla minoranza cristiana e indù”. (R.P.)