Tunisia. Appello di mons. Lahham: "Segnale forte sull'economia o si rischia una nuova
crisi"
“Il tunisino medio vuole due cose: la sicurezza e il lavoro. Se la prima è garantita,
è il secondo che manca” dice mons. Maroun Elias Lahham, arcivescovo di Tunisi, che
in un colloquio con l’agenzia Fides traccia un breve quadro della situazione della
Tunisia ad un anno dalla cosiddetta Rivoluzione dei Gelsomini, che ha destituito il
Presidente Ben Ali ed ha avviato il Paese sulla strada della piena democrazia. “Il
problema è l’economia. Dal punto di vista politico le cose vanno bene: le elezioni
si sono svolte in maniera corretta, abbiamo un nuovo Presidente, un nuovo governo
e un nuovo Parlamento. La sicurezza è garantita, ma l’economia stenta a decollare”
sottolinea mons. Lahham. Oltre alla crisi economica-finanziaria internazionale, che
si ripercuote anche sull’area del Mediterraneo, secondo l’arcivescovo di Tunisi i
motivi dell’attuale debolezza dell’economia tunisina sono essenzialmente due. “In
primo luogo - spiega mons. Lahham - rilanciare l’economia nel giro di un anno non
è facile. In secondo luogo, come affermano diversi commentatori locali, la nuova dirigenza,
pur seria ed onesta, non sembra avere come punto forte l’economia. Nell’opinione pubblica
locale stanno sorgendo dubbi sul fatto che il governo abbia veramente un piano economico
per il Paese”. Mons. Lahham sottolinea che “la popolazione potrà pazientare ancora
qualche mese, ma se non si dà subito un segnale forte sul fronte dell’economia ci
si può aspettare una forte protesta sociale. I disoccupati sono più di un milione
e sono in crescita”. Riguardo al turismo, il settore trainante dell’economia locale,
l’arcivescovo evidenzia: “i turisti possono venire tranquillamente in Tunisia, perché
c’è sicurezza. Il problema è che se altri Paesi offriranno prezzi ancor più competitivi
rispetto ai nostri, i flussi turistici principali si indirizzeranno lì e non da noi”.
(R.P.)