2012-01-17 13:05:52

Iniziativa di Pax Christi per la Settimana dell'unità dei cristiani: tra i protagonisti mons. Bettazzi


Nell'ambito della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani - sul tema “Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore” - Pax Christi Italia presenta domani a Venezia il sito Internet www.dodiciraccolti.it. L’iniziativa propone un’inedita e originale “catena di preghiera”, una “fraternità itinerante” in cui ogni giorno singole persone, famiglie, parrocchie, scuole, comunità, associazioni prendono l’impegno di raccogliersi in preghiera per la pace, incontrandosi su Internet. All’evento partecipa anche mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, testimone diretto del Concilio Ecumenico Vaticano II. Al presule, oggi 89enne, Giada Aquilino ha chiesto come iniziative quali quelle di Pax Christi Italia possano contribuire all’obiettivo dell’unità dei cristiani:RealAudioMP3

R. – Si tratta di iniziative importanti, frutto del Concilio. Prima di esso, si guardava all’esattezza dell’ortodossia: chi non era pienamente ortodosso, come noi, lo si considerava ‘escluso’. Ricordo che, ai nostri tempi, entrare in una chiesa protestante sembrava quasi un peccato mortale. Il Concilio ci dice di pensarci tutti in cammino: quelli che condividono con noi la fede in Gesù Cristo, il Battesimo, la Parola di Dio sono molti vicini a noi in questo cammino, anche se non partecipano a tutto l’insieme di verità. Con loro dobbiamo intraprendere questo cammino, per essere portatori della pace del Signore nel mondo.

D. – L’iniziativa dei ‘Dodici Raccolti’ arriva in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Come può contribuire a tale obiettivo?

R. – Credo che sia proprio il farci capire che la pace è dono del Signore, che dobbiamo pregare. L’iniziativa della preghiera per l’unità dei cristiani rappresenta proprio il riconoscimento da parte della Chiesa, soprattutto dopo il Concilio, del suo dovere di partecipare, di pregare con tutti coloro che credono in Cristo, con tutti coloro che hanno fede, per chiedere al Signore la grazia di essere sempre più uniti e sempre più portatori di pace nel mondo. A volte essere portatori di pace vuol dire, soprattutto per le nazioni più benestanti, più ricche e più potenti saper rinunciare a qualcosa per metterla a servizio di chi è più povero.

D. – Pregare per la pace: cosa può portare quest’impegno al cammino ecumenico?

R. – Prima di tutto una conversione interiore. Inoltre, comprendere - come diceva Papa Giovanni XXIII - quello che ci unisce, piuttosto che quello che ci divide. E’ pregando insieme che, forse, ci disponiamo ad essere sempre più uniti nelle cose che ancora ci dividono.

D. – Lei è testimone privilegiato del Concilio Vaticano II. Come avvenne la sua partecipazione? Quale fu la sua esperienza di padre conciliare?

R. – Io arrivai alla seconda sessione. Questo mi ha permesso di capire la differenza col vedere la prima sessione dall’esterno: sembrava che discutessero di cose formali, che non ci fossero grandi speranze. Diventai vescovo nel 1963, poi fui vescovo ausiliare del cardinale Giacomo Lercaro di Bologna, che era appena diventato uno dei quattro moderatori. Come aiutante aveva don Giuseppe Dossetti. Quando entrai a far parte del Concilio, mi resi conto che c’erano vescovi africani, latino-americani, asiatici. Mi resi conto proprio dell’universalità della Chiesa e del desiderio che c’era, da parte di tutti, di voler rinnovare quanto c’era di importante per non restare chiusi nelle proprie particolari visuali, per far sentire davvero l’importanza del popolo di Dio.

D. – A 50 anni dall’avvio, che contributo ha dato il Concilio al cammino verso l’unità dei cristiani?

R. – L’ecumenismo, anche attraverso il Concilio, ha aperto tante strade. Credo che il Concilio abbia dato una grande spinta, ad esempio per il fatto stesso che ci fossero dei “fratelli separati”, come si diceva allora, ma che in qualche modo ascoltavano e davano il loro contributo. Pensiamo ai grandi incontri di Assisi, iniziati per l’intuizione del Beato Giovanni Paolo II: non sarebbero stati possibili prima del Concilio. E lo stesso Papa Benedetto XVI ha voluto ripetere l’incontro ad Assisi, pochi mesi fa, allargandolo addirittura a tutti gli uomini di buona volontà ed anche a quelli che si presentano come non credenti, perché tutti quanti possiamo e dobbiamo contribuire a costruire la pace nel mondo.

D. – C’è un momento o un episodio del Concilio che in particolare ricorda?

R. – Ricordo gli sforzi che faceva Paolo VI per fare in modo che anche la minoranza, quei 500 vescovi che erano più legati alla tradizione e più esitanti al cambiamento, potesse votare i documenti. Allora, forse, questo faceva soffrire la maggioranza, che notava delle sfumature inserite nei testi. Adesso, a distanza di tempo, dobbiamo ringraziare proprio Paolo VI, perché se dei documenti fossero usciti ad esempio con 500 voti contrari si sarebbe sempre potuto discuterne, ma quando le grandi Costituzioni hanno avuto sette o otto voti contrari e 2.500 favorevoli si può dire che abbiano ottenuto l’unanimità della Chiesa cattolica, cioè l’insieme dei vescovi ha votato questi documenti orientativi per tutta la Chiesa cattolica.

D. – Proprio l’11 ottobre di quest’anno, nel 50.mo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, si aprirà l’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI. Qual è, allora, il suo auspicio?

R. – Il mio auspicio è che l’Anno della fede non sia affrontato in astratto, ma che si viva la fede quale ci è stata aperta, orientata, sollecitata dal Concilio Vaticano II. Che sia quindi un grande ricupero del messaggio del Concilio, quello che Papa Giovanni presentò come “la Pentecoste del nostro tempo”. (vv)







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