2012-01-17 15:00:34

Gli immigrati asiatici in Italia, risorsa da valorizzare. Da Manila il richiamo di Caritas-Migrantes


Sono oltre 4 milioni gli immigrati asiatici nell’Unione Europea. L’Italia figura al secondo posto per presenze, assieme alla Gran Bretagna, e dopo la Germania. A prevalere sono gli uomini, sebbene negli ultimi anni sia notevolmente aumentato il numero delle donne, soprattutto per i ricongiungimenti familiari e per l’inserimento nel lavoro domestico. Sono i dati emersi oggi durante il viaggio-studio “Asia-Italia: scenari migratori”, che si sta svolgendo a Manila. Francesca Sabatinelli ha raggiunto nella capitale filippina Franco Pittau, curatore del dossier statistico immigrazione Caritas-Migrantes:RealAudioMP3

R. – Una cosa veramente importante consiste nella constatazione che l’Asia, questo continente che viene ritenuto il perno del mondo di domani, il motore economico, in Italia conta o la prima collettività, come avviene per esempio per la Cina, per le Filippine, per il Bangladesh o la seconda collettività, come avviene per l’India e per il Pakistan. Siamo collegati con questo continente e quindi, se l’immigrazione vuole essere presa come un collegamento fruttuoso, noi lo possiamo sfruttare.

D. – A Manila avete messo in luce che gli immigrati asiatici, presenti in Italia, stanno resistendo meglio alla crisi. Come mai?

R. – Ci sono diverse ragioni, a seconda delle collettività. Prendiamo la Cina, il Bangladesh e in parte anche il Pakistan: sono collettività molto dedite non solo al lavoro dipendente, ma anche a crearsi lavoro per conto loro. Il caso più tipico è quello dei cinesi, ma anche le altre due che ho citato non sono da meno. Loro hanno questa dedizione a creare lavoro attraverso l’imprenditoria e non a caso nel 2010, quindi in un anno di piena crisi, come sappiamo, i cittadini stranieri sono stati in grado di aumentare le loro imprese del 10 per cento.

D. – Della comunità cinese si è parlato molto negli ultimi tempi, per via della cronaca. Negli anni, però, la comunità ha fatto pensare di volersi integrare o relazionare con l’ Italia meno delle altre, il che ha generato convinzioni negative anche sul loro lavoro …

R. – Quando i cinesi creano queste loro imprese, noi diciamo sempre: “Hanno messo insieme tanti soldi perché glieli ha dati la mafia cinese”. Però, noi sappiamo che c’è una grande solidarietà etnica per cui – per esempio – vanno ad un matrimonio, e sono in grado di mettere da parte 200 mila Euro per i nuovi sposi, affinché possano comprare la casa o possano fondare l’azienda. E noi diciamo sempre: “Eh, qui c’è la mano della mafia”. Ma non è così… ci sarà anche la mano della mafia, ma non è ‘sempre’ così! Spesso diciamo anche che lavorano di più perché imbrogliano. E’ vero che c’è il terribile problema della contraffazione, che è una concorrenza sleale e qui non devono esserci mezzi termini: uno deve dire quello che fa, deve rispettare le leggi doganali e via dicendo. Però, ci sono tanti cinesi che lavorano!

D. – E’ un fatto però che nella comunità cinese girino più soldi che nelle altre comunità …

R. – Però loro sono anche in numero maggiore imprenditori. Bisognerebbe avere questo equilibrio: far rispettare le leggi anche attraverso un’azione ispettiva e poi, se uno ha lavorato di più, ci ha messo più ingegno, prenderne atto. Per esempio: i commercianti cinesi dell’Esquilino [quartiere di Roma], sono stati per anni al centro di tutto il commercio cinese in Europa, una cosa enorme! Come facevano? Per vendere di più, si sforzavano di produrre a basso prezzo, c’era poco guadagno ma molti clienti. Oppure, si mettevano insieme quattro-cinque imprenditori … E allora, apprezziamo anche queste cose che consentono la riuscita sulla base di legalità.

D. – In conclusione, l’Italia come dovrebbe gestire – anche per trarne beneficio – la presenza degli immigrati asiatici?

R. – Noi siamo un Paese che deve aiutare le persone che vengono a lavorare, che però deve essere anche aiutato. Oggi abbiamo estremamente bisogno di aiuto. Abbiamo cinque milioni di cittadini stranieri, se sviluppiamo una mentalità positiva, questo si potrà ripercuotere nel commercio; se noi aiutiamo gli imprenditori, possiamo essere anche imprenditori-ponte; se noi vogliamo fare “lobbying” nei confronti dei loro Paesi, una comunità trattata bene potrà essere una lobbying. Il futuro si fa così. La conoscenza che circola adesso sugli immigrati, in questo caso sugli immigrati asiatici, è molto carente. Noi non ci rendiamo conto che in Italia siamo, dopo la Germania e insieme alla Gran Bretagna, un polo asiatico molto importante. E allora, se l’Asia è il continente del futuro, siccome l’Asia è già presente da noi, anche noi ne dobbiamo trarre benefici. (gf)







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