2012-01-16 15:56:54

Manila: al via il viaggio-studio di Caritas-Migrantes




Nei futuri scenari della mobilità internazionale, le Filippine e altri Paesi del continente asiatico continueranno ad essere un’area di emigrazione. L’Italia resterà un Paese di immigrazione e la Cina lo diventerà sempre di più. Se ne parla a Manila, da oggi e fino a venerdì, nel quarto viaggio intercontinentale di studio del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, dedicato al tema „Asia-Italia: scenari migratori“. Il servizio di Francesca Sabatinelli.

Sono 4 milioni ogni anno i migranti interni all’Asia. Sono trattati come “forza lavoro”, sottoposti quindi a scarse tutele sociali, a lavori poco qualificati e temporanei e, soprattutto, alla mediazione di reclutatori privati, che spesso operano in modo irregolare. E’ stato padre Graziano Battistella, direttore dello Scalabrini migration center a Manila, a fotografare la situazione dei flussi migratori nel continente asiatico. Queste persone, ha detto, hanno bisogno di maggiore flessibilità e di maggiore protezione. In Asia molte donne, soprattutto dalle Filippine, si spostano nei Paesi del Golfo dove vanno a lavorare come collaboratrici domestiche. Per loro, in questi Paesi, non è possibile mettere radici, né ricongiungersi con la famiglia, inoltre subiscono forme di sfruttamento che però, precisa padre Battistella, non nascono da una discriminazione religiosa:

R. – In genere, le notizie che abbiamo su eventuali maltrattamenti che subiscono le lavoratrici domestiche non si riferiscono a maltrattamenti con motivazioni religiose, perché questi lavoratori sono cristiani. Sono piuttosto la conseguenza di una certa mentalità che esiste nel mondo arabo verso il lavoro domestico, considerato lavoro “servile” e pertanto il lavoratore è considerato una proprietà, una cosa. E’ da questo tipo di mentalità che arrivano gli abusi, non tanto da motivazioni di natura religiosa.

D. – Un aspetto allo studio di questi giorni di convegno, è quello delle rimesse degli immigrati. Sappiamo che moltissimi immigrati – in questo caso parliamo dell’immigrazione filippina – danno soldi alle loro famiglie. Quanto riescono ad inviare e come questo denaro viene utilizzato dalle famiglie che risiedono ancora nelle Filippine?

R. – Le rimesse verso le Filippine sono un quantitativo di denaro piuttosto elevato, in costante crescita: nel 2010 ha superato i 18 miliardi di dollari, da tutto il mondo naturalmente. Si tratta all’incirca dell’8,5-10 per cento del prodotto interno lordo delle Filippine, una somma di denaro importante. Naturalmente, il suo impatto a livello macroeconomico non è di così immediata evidenza come uno potrebbe pensare: non è denaro che viene convogliato direttamente su alcuni aspetti, alcuni progetti e via dicendo. Possono però aiutare, soprattutto a sostenere un’economia quando questa economia ha dei periodi di stasi, perché le rimesse – per loro caratteristica – sono un flusso di denaro piuttosto costante, e quindi è qualcosa su cui si può contare. Le Filippine, in questo momento, sono il quarto Paese al mondo come rimesse dopo India, Cina e Messico. Dall’Italia, mi pare che i dati dicano che ogni filippino invii circa 6 mila euro all’anno: è una somma piuttosto elevata. Il punto è poi anche capire in che modo questo tipo di rimessa venga convogliato e se si possa fare qualcosa per diminuire ulteriormente i classici costi dell’invio delle rimesse. Per quanto riguarda l’utilizzo, non ci sono novità: da sempre, le rimesse hanno gli usi piuttosto classici. Per bisogni immediati, sistemazione dell’abitazione, pagamento di debiti, vengono utilizzati molto spesso per migliorare la situazione scolastica dei figli, provvedere ad una buona educazione per i figli: è in genere uno degli obiettivi che hanno i genitori. Vengono utilizzate anche per migliorare la qualità della vita: cibo migliore e un livello di vita più alto. (gf)








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