Manila: al via il viaggio-studio di Caritas-Migrantes
Nei futuri scenari della mobilità internazionale, le Filippine e altri Paesi del continente
asiatico continueranno ad essere un’area di emigrazione. L’Italia resterà un Paese
di immigrazione e la Cina lo diventerà sempre di più. Se ne parla a Manila, da oggi
e fino a venerdì, nel quarto viaggio intercontinentale di studio del Dossier Statistico
Immigrazione Caritas/Migrantes, dedicato al tema „Asia-Italia: scenari migratori“.
Il servizio di Francesca Sabatinelli.
Sono 4 milioni ogni anno i
migranti interni all’Asia. Sono trattati come “forza lavoro”, sottoposti quindi a
scarse tutele sociali, a lavori poco qualificati e temporanei e, soprattutto, alla
mediazione di reclutatori privati, che spesso operano in modo irregolare. E’ stato
padre Graziano Battistella, direttore dello Scalabrini migration
center a Manila, a fotografare la situazione dei flussi migratori nel continente asiatico.
Queste persone, ha detto, hanno bisogno di maggiore flessibilità e di maggiore protezione.
In Asia molte donne, soprattutto dalle Filippine, si spostano nei Paesi del Golfo
dove vanno a lavorare come collaboratrici domestiche. Per loro, in questi Paesi, non
è possibile mettere radici, né ricongiungersi con la famiglia, inoltre subiscono forme
di sfruttamento che però, precisa padre Battistella, non nascono da una discriminazione
religiosa:
R. – In genere, le notizie che abbiamo su eventuali maltrattamenti
che subiscono le lavoratrici domestiche non si riferiscono a maltrattamenti con motivazioni
religiose, perché questi lavoratori sono cristiani. Sono piuttosto la conseguenza
di una certa mentalità che esiste nel mondo arabo verso il lavoro domestico, considerato
lavoro “servile” e pertanto il lavoratore è considerato una proprietà, una cosa. E’
da questo tipo di mentalità che arrivano gli abusi, non tanto da motivazioni di natura
religiosa.
D. – Un aspetto allo studio di questi giorni di convegno,
è quello delle rimesse degli immigrati. Sappiamo che moltissimi immigrati – in questo
caso parliamo dell’immigrazione filippina – danno soldi alle loro famiglie. Quanto
riescono ad inviare e come questo denaro viene utilizzato dalle famiglie che risiedono
ancora nelle Filippine?
R. – Le rimesse verso le Filippine sono un quantitativo
di denaro piuttosto elevato, in costante crescita: nel 2010 ha superato i 18 miliardi
di dollari, da tutto il mondo naturalmente. Si tratta all’incirca dell’8,5-10 per
cento del prodotto interno lordo delle Filippine, una somma di denaro importante.
Naturalmente, il suo impatto a livello macroeconomico non è di così immediata evidenza
come uno potrebbe pensare: non è denaro che viene convogliato direttamente su alcuni
aspetti, alcuni progetti e via dicendo. Possono però aiutare, soprattutto a sostenere
un’economia quando questa economia ha dei periodi di stasi, perché le rimesse – per
loro caratteristica – sono un flusso di denaro piuttosto costante, e quindi è qualcosa
su cui si può contare. Le Filippine, in questo momento, sono il quarto Paese al mondo
come rimesse dopo India, Cina e Messico. Dall’Italia, mi pare che i dati dicano che
ogni filippino invii circa 6 mila euro all’anno: è una somma piuttosto elevata. Il
punto è poi anche capire in che modo questo tipo di rimessa venga convogliato e se
si possa fare qualcosa per diminuire ulteriormente i classici costi dell’invio delle
rimesse. Per quanto riguarda l’utilizzo, non ci sono novità: da sempre, le rimesse
hanno gli usi piuttosto classici. Per bisogni immediati, sistemazione dell’abitazione,
pagamento di debiti, vengono utilizzati molto spesso per migliorare la situazione
scolastica dei figli, provvedere ad una buona educazione per i figli: è in genere
uno degli obiettivi che hanno i genitori. Vengono utilizzate anche per migliorare
la qualità della vita: cibo migliore e un livello di vita più alto. (gf)