Disordini in Nigeria: il presidente ridimensiona l'aumento della benzina. I vescovi
invitano al dialogo
In Nigeria, dopo le manifestazioni e lo sciopero generale contro il caro-carburante,
il presidente Jonathan ha ridimensionato l’aumento del prezzo alla pompa. Anche stamani,
tuttavia, l’esercito ha disperso centinaia di dimostranti. I sindacati, per motivi
di sicurezza hanno sospeso lo sciopero. I vescovi nigeriani, da parte loro, auspicano
un confronto proficuo, per risolvere i problemi che investono il settore petrolifero.
Giancarlo La Vella ne ha parlato con Enrico Casale, della rivista dei
Gesuiti “Popoli”:
R. – La Nigeria
è il più grande produttore africano di petrolio: dal petrolio ottiene circa l’80 per
cento delle rendite derivanti dalle esportazioni. Ma è un Paese che non ha raffinerie
e che deve quindi importare la benzina dall’estero con costi assai elevati. La scelta
del governo di dare sussidi per l’acquisto della benzina ha poi alimentato un forte
contrabbando del carburante con i Paesi confinanti. Si tratta, quindi, di una scelta
che ha aiutato la popolazione, ma non ha risolto alla radice il problema né del contrabbando
né della produzione di benzina. Inoltre, il 50 % della popolazione nigeriana vive
al di sotto della soglia della povertà e molte persone disperate assaltavano gli oleodotti,
forandoli e prelevando il greggio, che poi vendevano al mercato nero. Questo ha causato
anche molte vittime, perché il petrolio fuoriuscito spesso si incendiava e molte persone,
soprattutto minori, morivano. Per ovviare a questo le compagnie petrolifere hanno
addirittura allestito dei controlli armati, per evitare gli assalti agli oleodotti.
D. – E’ importante per la Nigeria, a questo punto, importare una tecnologia
per costruire proprie raffinerie: deve esserci necessariamente un collegamento con
le grandi società di sfruttamento del greggio?
R. – L’estrazione del
greggio è affidata in gran parte alle multinazionali e, attraverso la collaborazione
con queste grandi compagnie petrolifere, è possibile creare quelle raffinerie che
permetterebbero di produrre in proprio la benzina necessaria al Paese.
D.
– Che ricaduta positiva vi sarebbe nel prezzo alla pompa?
R. – Il principio
è chiaro: la Nigeria produce petrolio, che è una materia prima, e importa benzina,
che è un prodotto raffinato, e quindi c’è un disavanzo, perché chiaramente la benzina,
essendo frutto di un processo industriale, costa di più della materia prima. E’ chiaro
che, se venisse prodotta in casa, costerebbe molto meno. Inoltre, si limiterebbe la
dipendenza della Nigeria dai Paesi vicini che sono invece produttori. (mg)