"Una perla del clero italiano": il ricordo di San Giuseppe Cafasso nel bicentenario
della nascita
“Una perla del clero italiano”, il segno concreto di “una straordinaria capacità di
accoglienza, comprensione e misericordia”: così il card. Mauro Piacenza ha ricordato
San Giuseppe Cafasso, a conclusione delle celebrazioni per il bicentenario della sua
nascita. Questa domenica a Torino, nel Santuario della Consolata, il prefetto della
Congregazione per il Clero ha celebrato una Messa per commemorare questo Santo piemontese,
patrono dei carcerati e maestro di don Bosco. Sulla figura di San Giuseppe Cafasso,
Isabella Piro ha intervistato mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di
Torino:
R. – La
vita ed il ministero di San Giuseppe Cafasso innanzitutto richiamano tutti alla necessità
del primato di Dio, di un’azione concreta anche nella storia, perché lui ha servito
i poveri in termini molto concreti. Questo, però, era frutto della sua fede: bisogna
mantenere viva la fede, l’amore verso il Signore, che è la radice fondamentale dell’azione
caritativa, sociale e nei confronti delle persone bisognose. Di fronte ad una vita
che oggi è molto affannata e molto magmatica, anche a livello pastorale, così carica
di molteplici attività, questo bicentenario esprime proprio l’esigenza di tornare
alle radici di ciò che si fa come cristiani: la fede nel Signore, l’amore per Lui,
la ricerca continua di una vita che sia di grazia, radicata nella parola di Dio, nei
sacramenti e nella preghiera.
D. – Fondamentale è il legame di San Giuseppe
Cafasso con don Bosco, che fu suo allievo. Entrambi diedero grande importanza all’educazione,
quanto mai urgente anche oggi…
R. – Certo. San Cafasso e don Bosco ci
dicono che l’educazione è una questione di cuore e che solo Dio ne è il padrone. Noi
non possiamo riuscire in alcuna cosa se Dio non ce la insegna. Ci offrono soprattutto
dei tratti caratteristici dell’azione educativa, ad esempio l’autorevolezza dell’educatore,
che sa porsi di fronte ai giovani e ai ragazzi in termini di testimonianza, non solo
a parole. E poi, l’educazione come atto di amore intriso di grande fede. La fede dà
fondamento ed orizzonte all’opera educativa, dà senso alla vita: in fondo, ogni educazione
è la scoperta continua del progetto di Dio sulla propria vita. Infine, bisogna tendere
a formare delle personalità aperte al bene comune. C’è bisogno di tutti: buoni cristiani
ed onesti cittadini.
D. – San Giuseppe Cafasso è noto anche come patrono
dei carcerati. La sua testimonianza di vita, in questo campo, cosa ci insegna?
R.
– Egli ha sempre considerato il detenuto come una persona umana, figlio di Dio. Come
tale, dunque, soggetto di diritti inalienabili che vanno rispettati. Bisogna che il
carcere diventi il luogo del riscatto, dove si possano veramente ritrovare le motivazioni
del vivere bene perché un domani, scontata la propria pena, si possa ritornare ad
essere dei cittadini onesti a tutti gli effetti. Sappiamo che San Giuseppe Cafasso
aveva a che fare soprattutto con i condannati a morte: li accompagnava, invitandoli
a confidare nella misericordia del Signore, ed ottenendo molte volte profonde conversioni
del cuore. Le carceri, oggi, sono luoghi davvero molto difficili: rischiano di aggravare
le pene del detenuto, ma soprattutto rischiano di incattivirne l’animo rendendolo
ancora più disperato e solo. Il traguardo che ci prefiggiamo è quello di rendere il
carcere un luogo di riscatto ed una comunità in cui ogni suo componente collabori
insieme per un ambiente più umano, più giusto e più sereno. Credo che questo sia un
“obiettivo di civiltà” verso cui bisogna camminare con grande determinazione e con
grande coraggio.
D. – La Chiesa di Torino, ed in particolare i fedeli,
come escono rinnovati da questo bicentenario?
R. – Siamo usciti più
forti nella ricerca della fede e del primato di Dio ed anche con una carica di generosità
e di accoglienza verso i più poveri e verso le nuove forme di povertà. Tutto questo
viene oggi aggravato dalla crisi economica che stiamo vivendo. Se però riusciamo a
vedere questa crisi anche come una risorsa di richiamo a certi valori – come la sobrietà
ed una maggiore solidarietà – essa può rivelarsi anche positiva. (vv)