Sugli schermi italiani "La chiave di Sara" sulla deportazione degli ebrei parigini
nel 1942
Da oggi sugli schermi italiani “La chiave di Sara” del regista francese Paquet-Brenner:
le drammatiche vicende vissute a Parigi nell’estate del 1942 da migliaia di ebrei
rastrellati senza pietà. Il film le ripercorre con gli occhi e il cuore della piccola
Sara, che racchiude con la sua chiave un segreto e sulle cui conseguenze indaga oggi
una giornalista coinvolta in quei tragici fatti. Un film che prepara la Giornata della
memoria del 27 gennaio prossimo. Il servizio di Luca Pellegrini.
“Nel luglio
del 1942 … … il 16 e il 17 luglio del ’42 furono arrestati 13 mila ebrei,
in maggioranza donne e bambini. Ottomila di loro furono collocati nel Vel' d'Hiv',
il velodromo, in condizioni disumane. E poi li mandarono nei campi di concentramento
…”
Partirono così, verso la morte, come agnelli al macello. Però nessuno
raccontò la loro storia. Se una storia non si racconta, si dimentica. Per alcune,
può anche succedere. Per altre, assolutamente no. La coscienza non perdonerebbe. Tatiana
de Rosnay una storia l'ha scritta, proprio perché la Francia non perda un fatto oscuro
e tragico del suo passato, di cui ha giustamente chiesto scusa al mondo. In quell’estate
del 1942 quasi 14.000 ebrei - uomini, donne e moltissimi bambini - furono rastrellati
nei quartieri di Parigi dall'esercito francese su ordine di quello nazista. Scomparirono
quasi tutti. La scrittrice pubblica, dunque, un romanzo e l'amico regista Gilles Pasquet-Brenner
ne rimane folgorato, diventa il film da oggi sugli schermi italiani, anticipando così
la Giornata della Memoria del 27 gennaio, utile dunque per tutte le scuole come strumento
con il quale riflettere e prepararsi. La chiave di Sara parte da una finzione: una
giornalista americana, interpretata da Kristin Scott Thomas, sempre bravissima, vive
a Parigi e grazie alla più inaspettata delle coincidenze sarà costretta, per curiosità
professionale e dovere morale, a scoprire il segreto racchiuso nel calvario della
piccola Sara, arrestata in quella notte d'orrore. "Il film - precisa la scrittrice
- è oscuro, come il mio libro. Nessun pathos, nessuna sdolcinatezza. Il regista cui
l'ho affidato è riuscito a trasmettere l'emozione che avevo cercato di condividere
con i miei lettori: il ritratto di una donna che scoperchia un vaso di Pandora; l'immagine
straziante di una ragazzina dalla vita spezzata; un uomo che non sapeva niente di
sua madre. Un tabù abbattuto sessant'anni dopo uno degli avvenimenti più bui della
nostra storia". La documentazione è rigorosa, perché molti sono i testimoni contattati,
per i quali non è stato semplice tornare a quei fatti e alla responsabilità collettiva
che li causò. Il regista francese fa "sentire" questa tragedia “per riportarla alla
gente di oggi – dice - prescindendo dai grandi discorsi, per restituirle una dimensione
concreta, umana". Sara stringe in mano la sua chiave: quando la userà, i destini di
molti cambieranno. La speranza è che la storia abbia imparato dal suo coraggio e dalla
sua sofferenza.