Norvegia: il Consiglio delle "Religioni per la pace" chiede una nuova leadership nei
conflitti
Ai rappresentanti delle religioni è richiesto oggi, nelle situazioni di conflitto
e di disordine sociale, di assumere “nuovi modi di leadership” che sappiano offrire
forme di “resistenza non violenta verso la tirannia, l’oppressione e la violenza e
dare supporto ai processi di giustizia economica e sociale”. Del “ruolo delle comunità
religiose e dei loro leader nei processi avviati con la primavere araba” in Nord Africa
e nel Medio Oriente, hanno parlato in questi giorni in Norvegia una ventina di leader
religiosi provenienti da quella regione e dall’Europa su invito del Consiglio europeo
“Leader religiosi - Religioni per la pace”. Alla consultazione si è parlato dei processi
politici in atto in Tunisia, Egitto, Siria e Marocco e in un comunicato finale diffuso
oggi si afferma: “Il rapporto tra le forze secolari e la religione nella formazione
delle società dopo le rivolte è una parte importante del processo sebbene ancora da
definire. Le religioni continueranno tuttavia a rappresentare elementi importanti
per il futuro di queste nazioni. Partiti a base religiosa stanno guadagnando un notevole
sostegno nei processi elettorali, e il rapporto tra religione e politica sta diventando
una questione sempre più cruciale, anche perché ci sono differenze significative tra
i partiti religiosi nel modo di trattare la democrazia e i diritti umani”. “È quindi
importante – prosegue il comunicato - che i leader religiosi contribuiscano a dare
un quadro veritiero della realtà. L'ignoranza e l'inganno sono impedimenti gravi allo
sviluppo sostenibile di una società pluralista, inclusiva e giusta”. “Il mandato dei
leader religiosi in situazioni di conflitto e di sconvolgimenti sociali – incalzano
i leader di “Religioni per la pace” - deve essere rivisto e aggiustato, dando priorità
al servizio delle persone in spirito di umiltà; rinunciando ad ogni tipo di potere
che facilmente corrompe la loro autorità spirituale e morale”. I leader religiosi
sono piuttosto “chiamati a ispirare e guidare i fedeli attraverso la predicazione
e l'insegnamento dei principi etici fondamentali come l'amore a Dio e al prossimo
come te stesso. Essi devono trascendere i confini della propria fede e promuovere
azioni nonviolente, dare voce e difendere le esigenze dei diritti delle comunità religiose
diverse dalla loro e, quindi, affermare il destino comune di tutti gli esseri umani”.
Ai rappresentanti religiosi dell’Europa si chiede invece di fare tutto il possibile
per sostenere la relazione tra i cristiani e i musulmani, rimuovendo con al conoscenza
ogni forma di “pregiudizio”. Nel comunicato finale è stato rivolto un forte appello
anche per “l’immediata cessazione dell’oppressione e della violenza” in Siria. “Il
governo di Damasco - si legge nel comunicato - non può vincere sulla popolazione
attraverso l’uso della violenza e le persone non possono sfidare le autorità con la
violenza”. (R.P.)