Udienza generale. Il Papa: nell'Eucaristia viviamo la preghiera di Gesù affinché il
male non vinca
Prosegue la riflessione di Benedetto XVI sulla preghiera di Gesù, presentata nei Vangeli.
All’Udienza generale di oggi, in Aula Paolo VI, il Papa ha infatti meditato sul momento
della preghiera di Cristo all'Ultima Cena, ricordando che, partecipando all'Eucaristia,
anche noi viviamo la preghiera che Gesù ha fatto e continuamente fa per ciascuno,
affinché il male non vinca sul bene. Il servizio di Giada Aquilino:
Nella solennità
dell’Ultima Cena, “Gesù anticipa la sua morte e la sua risurrezione”. Lo ha ricordato
Benedetto XVI all’udienza generale di oggi, spiegando che in quel “convito in cui
Gesù si congeda dagli amici” sente “l’imminenza della sua morte”: “Gesù sa - ha aggiunto
il Papa - che la vita sta per essergli tolta attraverso il supplizio della croce,
la pena capitale degli uomini non liberi”. Il nucleo di quella “cena di addio” di
Gesù ai suoi, nei giorni in prossimità della Pasqua ebraica, sta nei gesti - "del
capofamiglia, che accoglie alla sua mensa i familiari" - dello spezzare il pane, del
distribuirlo ai discepoli e del condividere il calice del vino con le parole che li
accompagnano e nel contesto di preghiera in cui si collocano: “è l’istituzione dell’Eucaristia,
è la grande preghiera di Gesù e della Chiesa”:
"Gesù guarda alla
sua Passione, Morte e Risurrezione, essendone pienamente consapevole. Egli vuole vivere
questa Cena con i suoi discepoli, con un carattere del tutto speciale e diverso dagli
altri conviti; è la sua Cena, nella quale dona Qualcosa di totalmente nuovo: Se stesso.
In questo modo, Gesù celebra la sua Pasqua, anticipa la sua Croce e la sua Risurrezione".
Nella preghiera, Gesù mostra poi “la sua identità e la determinazione
a compiere fino in fondo la sua missione di amore totale, di offerta in obbedienza
alla volontà del Padre”.
"Egli offre in anticipo la vita che gli
sarà tolta e in questo modo trasforma la sua morte violenta in un atto libero di donazione
di sé per gli altri e agli altri. La violenza subita si trasforma in un sacrificio
attivo, libero e redentivo".
E nei gesti e nelle parole di quella
notte, “vediamo chiaramente - ha detto il Papa - che il rapporto intimo e costante
con il Padre è il luogo in cui Egli realizza il gesto di lasciare ai suoi, e a ciascuno
di noi, il Sacramento dell'amore, il «Sacramentum caritatis»”. Quindi una riflessione
proprio sulla profondità della preghiera di Cristo per i discepoli, che “sorregge
la loro debolezza”, “la loro fatica di comprendere che la via di Dio passa attraverso
il Mistero pasquale di morte e risurrezione, anticipato nell’offerta del pane e del
vino”. D’altra parte, l’Eucaristia “è cibo dei pellegrini che diventa forza anche
per chi è stanco, sfinito e disorientato”. Benedetto XVI si è quindi soffermato sull’attenzione
di Gesù per ciascuno dei suoi, con una preghiera che “è particolarmente per Pietro,
perché, una volta convertito, confermi i fratelli nella fede”.
"Cari
fratelli e sorelle, partecipando all'Eucaristia, viviamo in modo straordinario la
preghiera che Gesù ha fatto e continuamente fa per ciascuno affinché il male, che
tutti incontriamo nella vita, non abbia a vincere e agisca in noi la forza trasformante
della morte e risurrezione di Cristo. Nell’Eucaristia la Chiesa risponde al comando
di Gesù: «Fate questo in memoria di me»".
Le tradizioni neotestamentarie
dell’istituzione dell’Eucaristia, ricordate dal Pontefice con Paolo e Luca, Marco
e Matteo, riportano - dal greco - un significato di “eucaristia/ringraziamento” e
“eulogia/benedizione”, che rimandano direttamente alla berakha ebraica, grande preghiera
della tradizione d’Israele. “La berakha - ha spiegato il Santo Padre - è anzitutto
ringraziamento e lode che sale a Dio per il dono ricevuto: nell’Ultima Cena di Gesù,
si tratta del pane – lavorato dal frumento che Dio fa germogliare e crescere dalla
terra – e del vino prodotto dal frutto maturato sulle viti. Questa preghiera di lode
e ringraziamento, che si innalza verso Dio, ritorna come benedizione, che scende da
Dio sul dono e lo arricchisce. Il ringraziare, lodare Dio diventa così benedizione,
e l’offerta donata a Dio ritorna all’uomo benedetta dall’Onnipotente”.
L’esortazione
del Papa è stata quella di chiedere “al Signore che, dopo esserci debitamente preparati,
anche con il Sacramento della Penitenza, la nostra partecipazione alla sua Eucaristia,
indispensabile per la vita cristiana, sia sempre il punto più alto di tutta la nostra
preghiera. Domandiamo che, uniti profondamente nella sua stessa offerta al Padre,
possiamo anche noi trasformare le nostre croci in sacrificio, libero e responsabile,
di amore a Dio e ai fratelli”.
"Fin dall’inizio, la Chiesa ha compreso
le parole di consacrazione come parte della preghiera fatta insieme a Gesù; come parte
centrale della lode colma di gratitudine, attraverso la quale il frutto della terra
e del lavoro dell’uomo ci viene nuovamente donato da Dio come corpo e sangue di Gesù,
come auto-donazione di Dio stesso nell'amore accogliente del Figlio (cfr Gesù di Nazaret,
II, pag. 146). Partecipando all’Eucaristia, nutrendoci della Carne e del Sangue del
Figlio di Dio, noi uniamo la nostra preghiera a quella dell’Agnello pasquale nella
sua notte suprema, perché la nostra vita non vada perduta, nonostante la nostra debolezza
e le nostre infedeltà, ma venga trasformata".
Al termine dell’udienza,
il Papa ha salutato tra gli altri un gruppo di 200 circensi e alcuni di loro - clown,
acrobati e giocolieri - si sono esibiti ai piedi del palco offendo un
colorato e spiritoso spettacolo al Pontefice. I saluti finali di Benedetto
XVI sono andati anche ai dipendenti del Bioparco di Roma che, nel centenario di fondazione
dell’istituzione, hanno portato in Aula Paolo VI un piccolo e raro coccodrillo
cubano di 40 centimetri, che - dopo un periodo di affidamento e cure presso l’ex Zoo
della capitale italiana - sarà restituito alla sua terra d’origine, in coincidenza
con il viaggio apostolico di Benedetto XVI a Cuba, il prossimo marzo.