Il cappellano dei cattolici cinesi a Roma: dopo la morte di Zou Zheng e Joy chiediamo
giustizia e sicurezza
Due quartieri romani in particolare sono stati teatro ieri sera di una marcia di solidarietà
in ricordo Zou Zheng e di sua figlia Joy, di 9 mesi, uccisi mercoledì scorso durante
una rapina. Mentre continua la caccia ai due marocchini ritenuti i responsabili dell’omicidio,
questa mattina alla Radio Vaticana Luca Collodi ha raccolto la testimonianza del cappellano
della comunità cattolica cinese nella capitale, padre Michele Goh:
R. – Due
punti sono molto chiari: no alla violenza e più sicurezza. Questo è stato molto chiaro.
È stata la prima volta che qui a Roma si è svolta una manifestazione così grande,
che ha permesso ai cinesi di diventare una voce sola per la città, per il Paese in
cui vivono.
D. – Si sa poco di come la comunità cinese a Roma sia organizzata.
Ma la manifestazione di ieri ha in qualche modo espresso il dolore anche italiano,
di Roma, per i cinesi…
R. – … sì, è vero, c’erano anche tanti italiani,
tanti stranieri…
D. - … e ha mostrato anche una comunità cinese che
è integrata nel tessuto della città…
R. – Loro lavorano sempre, sono
molto impegnati nel lavoro: non hanno tempo libero. Lavorano sempre…
D.
– Questa manifestazione ha rafforzato l’unione tra la comunità cinese a Roma e la
città?
R. – Sì: ieri l’ho visto. Tutti i negozi di piazza Vittorio erano
chiusi per poter permettere a tutti di partecipare a questa manifestazione.
D.
– Padre Michele, come ha commentato lei con la comunità cattolica cinese questo duplice
omicidio di Tor Pignattara?
R. – La sera, la notte, c’è paura perché
non c’è sicurezza. I cinesi hanno paura per la loro sicurezza.
D. –
Per i cinesi, c’è un problema sicurezza in una grande città come Roma?
R.
– Sì, sì. Però, il Comune stesso l’ha detto: è necessario rendere questa città più
sicura.
D. – Padre Michele, lei ha incontrato la vedova dell’uomo cinese
e la mamma della bambina che sono stati uccisi…
R. – Sì. Qualche ora
fa ho parlato con lei. Piange tanto, racconta tante cose… Io ho svolto il mio ministero
di sacerdote e le ho spiegato che è necessario che lei trovi il coraggio per guarire
velocemente e così contribuire a risolvere questo caso.
D. – La comunità
cinese vuole che la polizia italiana rintracci i responsabili di questo grave episodio?
R.
– Sì, questo sì. E’ davvero necessario, questo. Abbiamo visto che è morta una bimba
di nove mesi. Loro non pensavano che ci fosse pericolo… Lui era molto buono, l’ha
detto anche il suo vicino di negozio: buono, gentile.
D. – Quindi, si
cerca la giustizia?
R. – La giustizia, sì. (gf)
Commosso
e composto, il corteo di ieri ha dunque voluto esprimere il rifiuto di ogni forma
di violenza nella capitale, nei riguardi dei cittadini di qualsiasi nazionalità. A
seguirne lo svolgimento c’era per noi Irene Pugliese:
(voci manifestanti)
Questo
coro, che in italiano significa meno violenza più sicurezza, ha accompagnato tutto
il corteo che da piazza Vittorio ha attraversato gran parte della zona est di Roma
per arrivare a Via Alò Giovannoli a Tor Pignattara, il luogo dove il 4 gennaio scorso,
sono stati uccisi Zu Zheng, 31 anni, e la sua figlioletta Joy, di nove mesi. Serrande
dei negozi abbassate, fiori e candele bianche in mano, un fazzoletto al braccio e
un lungo striscione: un modo della comunità cinese di rendere omaggio alle due vittime,
ma anche per chiedere più sicurezza. Lucia King è la portavoce
della comunità cinese a Roma:
“Chiediamo non violenza e più sicurezza.
Io non considero quello che è successo un atto di razzismo, perché poteva capitare
a chiunque. Però diciamo basta, perché non si può vivere con la paura in questo modo.
Ieri, ci siamo rivolti al sindaco Alemanno, che c’è sempre stato molto vicino. Ha
detto che avrebbe convocato una riunione straordinaria presso la sicurezza”.
Ma
alla manifestazione, che si è poi unita con una fiaccolata organizzata dal municipio
dove è avvenuto l’omicidio, c’erano anche tanti italiani:
“Purtroppo,
sono cose che non dovrebbero accadere, perché i bambini non si toccano e poi basta
con la violenza! Perché qui non se ne può più!”.
“Da oggi mi sento più
cinese che italiano: non so ancora cosa sia successo, il perché, ma non c’è un motivo
valido per arrivare a questo punto”.
E’ solo con la solidarietà e la
collaborazione tra le varie comunità che abitano Roma, che si può superare un episodio
tragico come questo. A sottolinearlo è Marco Wong, presidente
di Associna, secondo cui questa manifestazione ha diversi significati:
“Ci
sono tre temi principali: uno è la pace, l’altro è il contrasto alla violenza e quello
forse più importante è la solidarietà alla vittima, che esprime il senso di cordoglio,
di dolore, che è condiviso da tutti quanti. Speriamo che questo modo di stare tutti
quanti insieme sia anche un modo per scacciare questa paura. Abbiamo avuto anche la
risposta delle istituzioni, che è stata commovente: pensare che il presidente della
Repubblica, Napolitano, sia andato a trovare la madre della povera bambina è sicuramente
un segnale di grande attenzione. Poi, anche sul luogo dell’omicidio ci sono state
tante testimonianze di solidarietà. Quindi, tutti questi sono dei modi per sconfiggere
la paura”.