"Qualsiasi intervento
che il settore privato può dare a un settore come quello idrico non può non partire
dalla considerazione che l’acqua è un monopolio dell’umanità. Ciò non vuol dire
che coinvolgere il privato non sia possibile, lo si deve fare però con strumenti adeguati".
Ai nostri microfoni Antonio Massarutto, docente di Economia pubblica all'università
di Udine e autore del saggio "L'acqua", commenta l'annuncio del governo Monti di un
decreto, che sarà varato entro il 20 gennaio sulle liberalizzazioni, tra cui quella
dell'acqua. "Questo settore ha un disperato bisogno di recuperare risorse dal mercato,
ma è necessario superare la contrapposizione pubblico-privato", precisa Massarutto.
"Occorre invece parlare di concorrenza tra modelli. La gestione pubblica funziona
bene se è messa in grado di operare con criteri aziendali e se l'azienda pubblica
ha una credibile minaccia di essere sostituita da qualcun altro". Di diverso parere
è Rosario Lembo (Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua): "Il recupero di risorse
per un bene così importante deve essere legato a due principi imprescindibili: l’acqua
non è una merce e sull’acqua non si fa profitto. Deve essere la fiscalità generale
- associata ad alcuni strumenti come per esempio l'uso del risparmio pubblico accantonato
nella Cassa Depositi e Prestiti - a garantire un bene essenziale come l’acqua. Perché
non è possibile lanciare un prestito obbligazionario finalizzato alla gestione dell'acqua?
Occorre introdurre poi tariffe differenziate". Sullo stesso fronte interviene Alfredo
Cucciniello (Acli): "La rassicurazione del Sottosegretario alla Presidenza del
Consiglio Antonio Catricalà circa il fatto che le liberalizzazioni non andranno a
modificare i risultati referendari mi lascia perplesso. Mentre si parla di attacco
alle corporazioni, non vedo come questi auspici possano sposarsi con il mettere mano
al bene acqua". (A cura di Antonella Palermo)