Ci sarebbe molto da dire, sul «2011 africano». Sebbene la guerra, la fame e la povertà
vadano purtroppo evocate in un bilancio complessivo dell’anno – dal momento che questi
drammi continuano a riguardare la realtà del continente - non vogliamo tuttavia limitarci,
in questa sede, a ripetere i pregiudizi da sempre associati all’Africa. Vero è
che «il 2011 africano» è iniziato nel sangue, con il massacro dei copti di Alessandria
in Egitto il 1mo gennaio di un anno fa, e si è anche concluso all’insegna della stesso
odio violento contro i cristiani. In Nigeria, in effetti, il 25 dicembre scorso un
attacco ad alcune Chiese in diverse città della Nigeria ha fatto numerosi morti nel
giro di poche ore.
Seguendo una simile logica di linearità tra inizio e fine
dell’anno, noteremo che anche dal punto di vista politico il 2011, che si era aperto
con un conflitto cruento e prolungato dovuto alla contestazione post-elettorale in
Costa d’Avorio, si è concluso con la violenza politica scoppiata dopo le votazioni
nella Repubblica Democratica del Congo. Da Ovest al centro, il continente sembra
dunque attraversato da una stessa linea di continuità, che sembra giustificare la
comune percezione del continente come «relegato agli angoli del mondo, ai margini
della storia».
Eppure, è anche un’Africa sorprendente sia sul piano religioso
che politico quella che nel corso dell’anno si è mostrata al mondo, anche se solo
attraverso poche «notizie lampo». E’ emerso un continente alla ricerca di sé stesso,
delle migliori forme per il proprio sviluppo, e sebbene questi fenomeni interessino
determitate regioni più di altre, gli abitanti dell’intero continente condividono
le stesse aspirazioni degli uomini e donne del resto del mondo, le esigenze comuni
della nostra epoca.
Sul piano religioso, la Chiesa è da sempre al fianco dell’Africa,
ma nel corso del 2011 essa ha risposto in modo speciale a questa sua nobile missione,
attraverso vari interventi significativi. Inoltre, a più riprese Papa Benedetto XVI
ha difeso con amore questa «terra di speranza» ! È impossibile dimenticare
la commuovente visita pastorale in Benin dove, dal 18 al 20 novembre, il Santo Padre
si è recato ad «incontrare l’Africa e gli africani», per consegnare loro il frutto
delle riflessioni emerse nel corso del secondo Sinodo per il continente, tenutosi
nel 2009 in Vaticano. Nella stessa occasione, il Papa ha inoltre reso omaggio a un
degno figlio d’Africa, il defunto cardinal Bernardin Gantin, suo amico e collega di
origine beninese.
Ai giornalisti, Benedetto XVI ha spiegato le altre ragioni
del suo secondo viaggio nello Stato: «La prima [ragione] è che il Benin è un Paese
in pace: pace esterna ed interna. Le istituzioni democratiche funzionano, sono realizzate
nello spirito di libertà e responsabilità e quindi la giustizia e il lavoro per il
bene comune sono possibili e garantiti dal funzionamento del sistema democratico e
dal senso di responsabilità nella libertà. La seconda ragione è che, come nella maggior
parte dei Paesi africani, c’è una presenza di diverse religioni e una convivenza pacifica
tra queste religioni. Ci sono i cristiani nella loro diversità, non sempre facile,
ci sono i musulmani e poi ci sono le religioni tradizionali, e queste diverse religioni
convivono nel rispetto reciproco e nella comune responsabilità per la pace, per la
riconciliazione interna ed esterna» .
Solo una personalità come il
Papa poteva guidare i giornalisti a constatare che la realtà dell’Africa non si riduce
solo, e in modo speciale per il 2011, ai drammi di guerre ataviche e sanguinosi conflitti
! Sul piano politico poi, le «titubanze» non devono oscurare i casi eclatanti
di alternanza democratica, di buona organizzazione di votazioni, di maggioranze politiche
uscite dalle urne, riconosciute e accettate pacificamente dalle nazioni. Vogliamo
citare, come esempio, il caso di Alpha Condé, che ha vinto le elezioni di novembre
in Guinea Conakry, da tempo sotto assedio militare, riportando la speranza nel Paese;
il Capo Verde, che il 6 febbraio scorso ha organizzato elezioni - giudicate «impeccabili»
dagli osservatori - che hanno confermato la vittoria del PAICV (Partito Africano per
l’Indipendenza del Capo Verde); a settembre è stata invece la volta dello Zambia...
Sul
piano formale, il 2011 è stato un anno caratterizzato da alcune innovazioni significative:
28 Paesi hanno indetto consultazioni elettorali ; il 9 luglio il continente ha salutato
la nascita del 54mo Stato, il Sud-Sudan ; infine, nel corso del 2011 ha preso il via
«la Primavera Araba», movimento globale che proprio dal Nordafrica si è esteso
agli altri continenti, scuotendo l’intero pianeta. Le popolazioni della Tunisia, dell’Egitto,
del Marocco e dell’Algeria sono entrate in azione chiedendo un cambiamento politico
e la fine di quei regimi apparentemente «irremovibili». Il volto dei Paesi arabi
– prima dell’Africa e poi del resto del mondo – ne esce completamente rinnovato. Sotto
la spinta di un’opinione pubblica sino ad allora ignorata, questi Paesi sono stati
costretti ad adeguare le proprie costituzioni, la ripartizione dei poteri interni
e l’intera agenda politica, su standard più democratici. «Il frutto positivo della
Primavera araba è il movimento stesso, e il fatto che oggi, in quegli Stati, attraversati
dalla rivoluzione, ci si possa opporre ai governi autocratici e si sia avviato un
dibattito popolare sul futuro politico e sociale del Paese», ha dichiarato recentemente
l'islamologo P. Samir Khalil Samir sj, intervistato dalla Radio Vaticana. «La rivoluzione
per la democrazia e i diritti umani, nei Paesi capofila della Primavera araba, non
è fallita (...) Il prevalere degli islamisti in Tunisia e Egitto ci mostra solo la
reale struttura di quelle popolazioni (...) Tutto il mondo arabo-islamico vede l'islam
come l'ideale della vita sociale, politica e religiosa (...) La vera questione è come
verrà interpretata la presenza della religione islamica nella vita politica e sociale».
Dal
punto di vista economico, la Banca Mondiale riconosce all’Africa un dinamismo eccezionale,
per il 2011, con una crescita media del 6%, sebbene non vada dimenticato che il continente
continua ad avere grandi difficoltà nel trasformare questi dati, positivi sulla carta,
in benessere concreto per le popolazioni.
Il 2011 è stato, infine, l’anno in
cui due donne africane, Ellen Johnson Sirleaf e Leymah Gbowee, entrambe originarie
della Liberia, hanno ottenuto il Premio Nobel in riconoscimento del loro impegno per
la Pace, per lo sviluppo economico e sociale del paese, e a sostegno del ruolo delle
donne!
Cosa augurarci, dunque, per il 2012? Riprendiamo le parole
del Papa per formulare, in chiusura, i migliori auspici per il continente, con la
speranza che le sollecitazioni espresse davanti ai membri del Governo del Benin, indirizzate
ai responsabili politici di tutto il Continente, possano tradursi in azioni concrete
:
«Quando dico che l’Africa è il continente della speranza, non faccio
della facile retorica, ma esprimo molto semplicemente una convinzione personale, che
è anche quella della Chiesa. (...) In questi ultimi mesi, numerosi popoli hanno espresso
il loro desiderio di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà
di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle religioni. E’ anche nato
un nuovo Stato nel vostro Continente. (...) Da questa tribuna, lancio un appello a
tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo.
Non private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando
il loro presente!».
(A cura di Albert Mianzoukouta,
della redazione francese per l’Africa)