2012-01-09 12:25:59

Myanmar: un possibile ruolo pubblico per Aung San Suu Kyi


La presidenza del Myanmar apre alla possibilità che Aung San Suu Kyi - premio Nobel per la pace, leader dell'opposizione birmana e libera dal 2010 dopo anni di arresti domiciliari - possa in futuro ricoprire un ruolo nel governo, se conquisterà un seggio nelle elezioni suppletive del prossimo primo aprile, o comunque un posto di rilievo nell’amministrazione pubblica. Ad affermarlo è Nay Zin Latt, consigliere della presidenza del Paese asiatico, secondo cui il capo dello Stato, Thein Sein, punterebbe a consultazioni “libere e giuste”. Nell’ottica di nuove aperture, negli ultimi mesi il governo del Myanmar ha scarcerato diverse centinaia di prigionieri politici, ma - secondo alcuni attivisti birmani riparati in Thailandia - altri mille sarebbero ancora dietro le sbarre. In questo clima, che possibilità ci sono dunque che le autorità di Naypyidaw aprano effettivamente ad un incarico pubblico per Aung San Suu Kyi? Giada Aquilino ha intervistato Carlo Filippini, docente di Economia politica all’Università Bocconi di Milano ed esperto di Asia orientale:RealAudioMP3

R. – Temo che un incarico pubblico di qualche importanza sia un avvenimento ancora molto lontano nel tempo. Pare certamente che i primi cambiamenti che si sono avuti dopo le elezioni del 2010 e il nuovo governo - apparentemente civile, anche se formato da ex generali che si sono tolti la divisa - siano l’inizio di un processo che, temo, richiederà tuttavia ancora molto tempo. Nell’Asia orientale non si fa mai quasi nulla di fretta.

D. – Le elezioni del prossimo aprile arrivano comunque quando ci sono state alcune timide aperture in senso democratico: censura allentata, prigionieri politici rilasciati, il "sì" alla candidatura di Aung San Suu Kyi alle prossime elezioni. Però, di fatto, il Myanmar che Paese è?

R. – Il Paese è ancora strettamente controllato dai militari. Sembra però che in ambito Asean, l’associazione dei Paesi del Sudest asiatico, gli altri Paesi membri premano perché l’ex Birmania diventi un po’ più democratica, o meglio un po’ più rispettabile agli occhi del mondo. Però dobbiamo pensare più a un modello cinese che a un modello democratico all’occidentale, europeo o americano.

D. - Alcuni media stranieri hanno parlato di “primavera birmana”, ma il Myanmar è ancora un Paese in cui il reddito medio mensile è di 27 dollari. Da un punto di vista economico, che quadro se ne può tracciare?

R. – Il Paese certamente è poverissimo e questo è anche un effetto delle politiche dei precedenti governi militari birmani. Ad esempio, pur di assicurarsi l’appoggio di Cina e India hanno svenduto le ricchezze naturali ed energetiche, soprattutto il petrolio. In altre parole, la povertà è dovuta pure alle politiche che hanno privilegiato i pochi sostenitori del regime, le forze armate e i fedeli del governo e che invece hanno trascurato un po’ tutto il resto della popolazione.

D. - Allora, in quale quadro vanno letti gli ultimi dati secondo cui starebbero arrivando più turisti in Myanmar: da due anni i visitatori sarebbero cresciuti del 25 per cento…

R. – La Birmania è un magnifico Paese, con natura ancora relativamente incontaminata e con una tradizione artistica e religiosa che risale a secoli fa, se non a millenni. Quindi, come destinazione turistica è certamente ideale. Purtroppo, finora era la giunta militare che approfittava di ciò, imponendo sostanzialmente “taglieggiamenti” su tutte le agenzie turistiche ed era difficile visitare il Paese attraverso tour operator o agenzie turistiche che fossero indipendenti. Quindi, è certamente un fatto positivo perché porta reddito e potrebbe accelerare i cambiamenti, anche se a mio parere in Occidente ci illudiamo un po’ troppo sulle varie “primavere”. (bf)







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