Al via il tour diplomatico del presidente iraniano Ahmadinejad in America Latina
Quattro Paesi in cinque giorni, accompagnato da una delegazione di oltre 100 persone.
Questi i numeri del viaggio del presidente iraniano, Ahmadinejad, in America Latina.
Un tour diplomatico che giunge in un momento di grande tensione con la comunità internazionale
per il programma nucleare di Teheran. Quali le motivazioni alla base di questo viaggio?
Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica
all’Università Cattolica di Milano:
R. - Vi sono
diverse motivazioni: in primo luogo, Ahmadinejad, fin dalla sua prima elezione nel
2005, ha sempre amato questi tour diplomatici in vari Paesi. In secondo luogo - in
un momento in cui l’Iran si percepisce isolato, in cui l’Occidente cerca di metterlo
nell’angolo - ogni possibile contatto, ogni rapporto bilaterale va rinfrancato. E
tradizionalmente l’America Latina è un posto dove ci sono soprattutto alcuni degli
alleati storici, come il presidente Chavez in Venezuela, o Cuba. E l’Iran punta a
diversificare, a rafforzarsi sulla scena internazionale, rispondendo alle pressioni
occidentali, attraverso queste iniziative verso i Paesi non allineati: Paesi latinoamericani,
africani e asiatici.
D. - Molti osservatori sostengono che questa visita
sia legata proprio al nucleare, una sorta di raccolta di consensi per poter procedere
sulla strada dell’atomica… Un’analisi che lei condivide?
R. - Personalmente,
no. Evidentemente, l’Iran è molto attivo - pensando alle nuove decisioni Onu e quindi
a nuove sanzioni sul nucleare - ma in realtà le decisioni non le prende l’assemblea
Onu in cui contano i Paesi non allineati, i Paesi latinoamericani: le prende il Consiglio
di sicurezza e soprattutto le prendono le grandi potenze che sono tutte impegnate
con il cosiddetto “gruppo dei 5+1” nella trattativa.
D. - Ahmadinejad
continua a lanciare proclami contro gli Stati Uniti, che però escludono un’azione
militare contro la Repubblica islamica. Quanto influisce il clima elettorale americano
su questa questione?
R. - Influisce molto, perché gli anni elettorali
a Washington come a Theran sono di solito terribili per la serietà dei rapporti e
degli sforzi diplomatici. A Washington c’è una fortissima pressione su Obama da parte
del Partito repubblicano e varie lobbies, affinché accentui la linea dura contro Theran.
Teheran, da parte sua, regisce rinfocolando le tensioni. Non dimentichiamoci che Ahmadinejad
gioca anche una sua partita: a marzo ci sono le elezioni parlamentari e lì ci sarà
uno scontro non più fra conservatori e riformisti – dato che questi ultimi sono stati
spazzati via dalla repressione - ma all’interno dei conservatori, ossia gli ultra-radicali
di Ahmadinejad contro i conservatori tradizionali legati al leader supremo, l’ayatollah
Ali Khamenei. Anche in questo caso, allora, la politica estera serve ad avvantaggiare
uno dei contendenti interni. (bi)