La comunità internazionale mobilitata per prevenire una catastrofe nei Paesi del
Sahel
L’Africa è in primo piano in questo inizio 2012: una nuova emergenza alimentare si
profila per i Paesi compresi nella fascia del Sahel, a sud del deserto del Sahara
e fino al Corno d’Africa. A lanciare l’allarme sono diverse organizzazioni impegnate
nella regione. Tra queste l’Oxfam, tra le più importanti confederazioni internazionali,
specializzata in aiuti umanitari e progetti di sviluppo. Roberta Gisotti ha
intervistato Sibilla Filippi, tra i responsabili per l’Africa dell’Oxfam-Italia:
D. – Quali
sono le cause di questo nuovo allarme per la regione del Sahel: sono solo cause naturali
o ci sono anche cause di altro tipo, che aggravano la situazione?
R.
– Le cause sono anzitutto naturali. Nello scorso anno, le piogge sono state molto
scarse e questo sta provocando ovviamente un’emergenza alimentare. Ci sono anche altre
cause, però, che aggravano la situazione, quale soprattutto l’aumento dei prezzi del
cibo, che sta causando non solo un problema di reperibilità, ma anche di accesso al
cibo. Parliamo di Paesi in cui le popolazioni vivono in estrema povertà, dove quindi
l’aumento del prezzo del cibo è un problema assolutamente ulteriore e molto grave.
D.
– Quali sono i Paesi più colpiti all’interno della fascia del Sahel? Sembra sia coinvolto
anche il Corno d’Africa…
R. – Il Corno d’Africa sta vivendo, assolutamente
sì, un’emergenza umanitaria. Dei Paesi del Sahel, invece, i più colpiti sono il Ciad,
il Niger, la Mauritania, il Mali e il Burkina Faso. Anche il Senegal e parte della
Nigeria, però, sono a rischio.
D. – Quali previsioni fare su quella
che si profila come una possibile catastrofe? In che modo si può arginare quello che
il giornale “Avvenire” ha già definito un possibile “tsunami della fame”?
R.
– Purtroppo, per il 2012 si prevedono 11 milioni di persone a rischio di insicurezza
alimentare. Quello che si può fare è agire immediatamente. La buona notizia, per così
dire, di questa catastrofe è che è stata identificata in tempi molto stretti e quindi
siamo assolutamente nei tempi per prevenire il peggio.
D. – Nei tempi:
ma serviranno contributi economici?
R. – Assolutamente sì. Alcuni donatori,
i più importanti e più impegnati nell’area, hanno già stanziato dei fondi. La Commissione
europea, in particolare, ha stanziato dieci milioni di euro, tramite progetti Echo
(Humanitarian Aid & Civil Protection), mentre le organizzazioni internazionali, che
si trovano in loco, hanno già iniziato a lavorare in questo senso.
D.
– E’ importante che le ong presenti sul luogo – ed abbiamo anche tante organizzazioni
della Chiesa – svolgano un ruolo da "sentinelle", come è successo in questo caso…
R.
– Certo. Sono organizzazioni sia internazionali che locali che collaborano al fine
di evitare il disastro alimentare. Il fatto è che questa crisi, che si presenterà
nel 2012, segue varie crisi che si sono già presentate nel 2005, nel 2008 e nel 2010.
Quindi, i Paesi sono già devastati, ma alcune organizzazioni presenti sul territorio
si erano già mobilitate per prevenire le catastrofi. Questo è ciòche, di fatto, rende
poi possibile evitare il peggio: investire sulla prevenzione. (ap)