Rapporto della Ong “Portes Ouvertes”: libertà religiosa negata a 150 milioni di
cristiani nel mondo
I cristiani che vivono in situazione di mancanza libertà religiosa sarebbero 150 milioni
nel mondo. In testa la Corea del Nord, seguita da Iran, Afghanistan, Arabia Saudita
e Somalia. E il fenomeno è in aumento negli ultimi anni. Sono alcuni dati del rapporto
di “Portes Ouvertes”, la Ong che dal 1955 opera in un crescendo di attività, a sostegno
morale spirituale e umanitario dei cristiani perseguitati. Il servizio è di Gabriella
Ceraso:
Cinquanta
i Paesi indicizzati che appaiono nella mappa interattiva della Ong “Portes Ouvertes”.
Si va dal primo classificato da 10 anni, la Corea del Nord, dove essere cristiano
e possedere una Bibbia può costare la vita, fino all’ultimo in classifica, la Malaysia
- divisa tra cristiani animisti e islamici -, dove se ufficialmente la libertà è garantita,
sostiene il Rapporto, è quasi impossibile per un musulmano convertirsi. Le tendenze
importanti degli ultimi 20 anni segnalano un aumento delle persecuzioni ed un peggioramento
in aree quali Nigeria, Sudan, Iraq, Egitto e Pakistan, dove si è raggiunto il culmine
con l’assassinio per il ministro delle Minoranze, Shahbaz Bhatti. Tra le cause prevalenti
– ma non la sola -, il rafforzarsi dell’estremismo islamico così come del nazionalismo
religioso. Sentiamo, in proposito, il parere di padre Bernardo Cervellera,
direttore di “Asia News”:
“In questi ultimi 20, 30 anni è cresciuto
tantissimo il fondamentalismo per la frustrazione del mondo musulmano nei confronti
della modernità. E’ cresciuto anche per via dei finanziamenti provenienti dai Paesi
come l’Arabia Saudita, però la persecuzione è causata anche da una frustrazione da
parte dei poteri politici nel controllare la propria popolazione e nel voler fermare
uno sviluppo della mentalità stessa della popolazione. Un altro dei cespiti della
persecuzione è anche il laicismo aggressivo, presente anche in Europa”.
Di
contro, si registra una maggiore presa di coscienza ed uno sforzo legislativo, sia
in Europa che negli Stati Uniti, proprio a contrastare le persecuzioni delle minoranze,
soprattutto in area mediorientale:
“E’ sempre meglio parlare della libertà
religiosa che tacere. Per quanto riguarda invece gli effetti, come può essere un cambiamento
politico, la cosa si fa un po’ più difficile. L’Unione Europea, ad esempio, ha lottato
tanto per la liberazione di Asia Bibi, la cristiana accusata di blasfemia in Pakistan
e per questo condannata a morte. In due anni, però, non è che abbia ottenuto molto.
Quello che senz’altro c’è, è una maggior coscienza: anche all’Onu, a livello politico,
si discute molto di più sulla libertà religiosa e sull’intolleranza”.
Nella
sezione “prospettive” del rapporto di “Portes Ouvertes”, le preoccupazioni. Quelle
maggiori sono per la Cina e la Corea del Nord, ma anche per i Paesi arabi, quelli
della cosiddetta “Primavera araba” dove, salvo nello Yemen, il rapporto registra meno
libertà e più persecuzioni nel 2011. “Primavera araba” può, dunque, significare inizio
di un “inverno cristiano”? Ancora padre Bernardo Cervellera:
“Questo
sommovimento che si è creato in nome della dignità della persona, del lavoro e della
ridistribuzione delle ricchezze, effettivamente è andato tutto a favore dei fondamentalisti.
La gente è ancora poco abituata alle elezioni democratiche, e quindi sceglie in base
al gruppo religioso, al gruppo di appartenenza più immediato. Non dobbiamo però dimenticare
che la ‘primavera araba’ è stata anche un’occasione per accendere la miccia nella
coscienza sociale di tante persone. Per i cristiani ci sarà senz’altro maggiore difficoltà,
ma credo che potranno comunque lottare per il riconoscimento e l’uguaglianza insieme
a tanti giovani musulmani che, in questi mesi, hanno sostenuto la causa della libertà
religiosa”.