Messa del Papa in San Pietro per l'Epifania. La riflessione del priore degli Agostiniani
scalzi
Benedetto XVI celebrerà, domani mattina, una Santa Messa in San Pietro nella Solennità
dell'Epifania del Signore. Durante la celebrazione, il Papa ordinerà due vescovi,
mons. Charles John Brown, nuovo nunzio apostolico in Irlanda e mons. Marek Solczynski,
nuovo nunzio in Georgia e Armenia. Sull'importanza della Solennità dell'Epifania,
manifestazione del Signore a tutte le genti, TizianaCampisi ha chiesto
un commento a padre Gabriele Ferlisi, priore generale dell’ordine degli Agostiniani
scalzi:
R. – L’Epifania,
nel ciclo dell’anno liturgico ha un posto di rilievo. Se il Natale, infatti, si può
considerare come una prima Epifania di Gesù, Dio che si manifesta all’interno del
popolo di Israele - lì accorrono i pastori - questa festa dell’Epifania, quella che
si celebra il 6 gennaio, è la rivelazione della divinità di Cristo riconosciuta dai
popoli pagani, simboleggiati da questi uomini sapienti del Medio Oriente. Quindi,
ha un’importanza particolare perché il Signore Gesù non è venuto soltanto per il popolo
di Israele, ma è venuto per tutta l’umanità e allora tutti gli uomini e tutti i popoli
riconoscono in quel bambino il figlio di Dio. Infatti, i doni che offrono i Magi sono
simbolici: oro, incenso e mirra. L’oro per indicare la signoria di Gesù, l’incenso
per indicare la sua divinità, la mirra per indicare la sua umanità: il verbo si è
fatto carne.
D. – Oggi come guardare a questa solennità?
R.
– Bisognerebbe guardare con occhi un po’ più di fede. Noi dovremmo essere veramente
come i Magi. C’è un pensiero bellissimo di Sant’Agostino, in un discorso sull’Epifania.
Il grande Padre della Chiesa spiega che i Magi vennero e lo cercarono dicendo: "dov’è
il Re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti
ad adorarlo”. Il commento di Agostino è in quattro verbi: "Annunciano e chiedono,
credono e cercano". Come per simboleggiare coloro che camminano nella fede e desiderano
la visione. Dovremmo veramente recuperare la dimensione un po’ più spirituale della
vita e anche in Gesù non vedere soltanto la dimensione umana, l’uomo più bravo, più
saggio, e il Vangelo inteso soltanto in dimensione sociologica. Forse, oggi, bisognerebbe
recuperare una dimensione profonda di fede, perché la si sta perdendo. Riuscire a
vedere la divinità di Cristo e che il Signore continua a manifestarsi. Quella stella
che i magi seguirono fino a Betlemme continua nel tempo ad illuminare tutti gli eventi
della vita e letti bene ci portano a vedere l’azione di Dio nel mondo.
D.
– Lei parla di recupero della dimensione spirituale ma in che modo poterlo fare?
R.
– E’ un tema di grande attualità. Proprio nel mese di ottobre di questo anno ci sarà
il Sinodo sulla nuova evangelizzazione e questo sarà il tema che la Chiesa sta ponendo
alla sua riflessione: come oggi recuperare e come renderci di nuovo attivi. In ogni
caso è una nuova evangelizzazione, un nuovo annuncio, ripartendo quasi da capo. Come
la prima evangelizzazione è stato il primo annuncio del Vangelo, oggi, in una società
solo apparentemente cristiana, bisogna ricominciare da capo ed è più difficile, perché
c’è una certa prevenzione, ma bisogna ricominciare da capo e la Chiesa, col prossimo
Sinodo, si interroga su come noi cristiani dobbiamo ripartire per recuperare la dimensione
spirituale e per rilanciare il Vangelo in una maniera più incisiva. (bf)