2012-01-04 17:32:21

In Italia, polemica sulle celle di sicurezza. Il ministro Severino difende il decreto "svuota carceri"


E’ polemica tra il ministro della giustizia Paola Severino e la polizia. Ad innescarla sono state le parole del vice capo, il prefetto Francesco Cirillo, che ha espresso forti dubbi sul decreto svuota carceri, soprattutto sul punto che impone alle forze dell’ordine di custodire in cella di sicurezza gli arrestati in flagranza in attesa della convalida. Per il prefetto i detenuti stanno meglio in carcere. Immediata la risposta del ministro Severino: “Sono norme totalmente concordate con il Ministero dell’interno e con i vertici delle forze di polizia”. Francesca Sabatinelli ha intervistato Patrizio Gonnella, presidente di "Antigone", associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale:RealAudioMP3

R. – Con questa misura, sicuramente, l’intenzione del ministro della Giustizia Paola Severino è quella di dare un messaggio alle forze di polizia: non procedere a fermi inutili, che non hanno alcun riflesso sulla sicurezza collettiva. Il messaggio rivolto alle forze di Polizia dice quindi: “Guardate che da ora in poi ve li dovrete sorbire voi, nelle vostre camere di sicurezza, usando il vostro personale”. Questo messaggio è finalmente in controtendenza rispetto al passato e questa è, per me, la valutazione positiva. A preoccuparmi è invece il fatto che queste camere di sicurezza non sono, prima di tutto, attrezzate ai fini della garanzia dei diritti minimi, come ad esempio vitto ed alloggio, ossia una finestra e due pasti caldi. Inoltre non sono adatte a garantire la sicurezza nella prima, e più delicata, fase come quella precautelare, a evitare che avvengano violenze. Sarebbe quindi opportuno che la sorveglianza di queste camere di sicurezza fosse affidata ad organismi di polizia diversi da quelli che hanno proceduto al fermo e all’arresto. La seconda cautela dovrebbe prevedere l’ispezione di queste camere di sicurezza. Basti pensare che oggi il controllo parlamentare può avvenire nelle carceri ma non nei luoghi di custodia di polizia, carabinieri e guardia di finanza. In Italia non esiste un’autorità indipendente di controllo delle condizioni di detenzione. Autorità del genere esistono invece in molti Paesi del mondo.

D. – La sua associazione, “Antigone”, cosa pensa, in concreto, del decreto del ministro Severino?

R. – Queste misure sono “misure-tampone” e non risolutive. E’ un “laccio emostatico”, come si dice in questi casi. Una misura, cioè, necessaria ma non sufficiente.

D. – E’ noto che il sovraffollamento è uno dei mali peggiori del sistema carcerario italiano, si ritiene che spesso sia stato anche causa del suicidio di alcuni detenuti. “Antigone”, insieme ad altre associazioni, ha raccolto in un rapporto i dati dei decessi avvenuti in prigione nel 2011. Avete usato un titolo morto forte “Così si muore in galera”…voi quindi cosa ne pensate del piano straordinario di edilizia penitenziaria?

R. – Non abbiamo mai avallato, dal punto di vista concettuale, l’idea che dobbiamo andare a rincorrere i numeri della detenzione costruendo nuove carceri. Dobbiamo invece ragionare su ciò che è giusto e non è giusto punire, e in questo momento in Italia c’è un clima più sereno per farlo. Penso al ministro per l’Integrazione, Andrea Riccardi, che ha la delega sia all’immigrazione sia alle droghe. In passato abbiamo avuto molte difficoltà nel creare un dialogo, un certo tipo di comunicazione, su questi punti. Sono proprio immigrazione e droga i temi che producono eccessi di carcerazione senza generare alcun benefico effetto sulla sicurezza pubblica. Abbiamo messo in galera tanti immigrati solo perché non avevano il permesso di soggiorno – circa 16 mila solo nel 2010 – e tanti giovani ragazzi perché facevano uso di droghe. Prima di costruire un nuovo carcere compriamo i materassi: c’è gente, a Regina Coeli – quindi a 300 metri dal Parlamento – che dorme per terra. Sono queste le condizioni di vita nelle carceri italiane. Ed in queste condizioni, nell’anno 2011, abbiamo avuto 65 suicidi e 186 morti, alcune di queste molto tragiche, che rappresentano proprio il segno di una certa disattenzione. Certamente tra la questione del sovraffollamento e delle morti in carcere c’è un nesso, però non può essere una giustificazione. Così come non è accettabile che succeda ciò che è accaduto a Trani il 31 dicembre scorso quando un detenuto è morto dopo che la madre, disperata, per due mesi, assieme al suo avvocato, aveva chiesto di farlo uscire perché malato. Si era rivolta a noi perché non sapeva a chi rivolgersi. Aveva anche avvertito le autorità sanitarie penitenziarie che il figlio stava male e che, ogni giorno che passava, stava sempre peggio. Nessuno l’ha ascoltata, fino a quando l’uomo è morto da solo, in galera, nel carcere di Trani. Questo sarà pure dovuto al sovraffollamento, però è anche tanto mal costume. (vv)







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