I vescovi dell'India: parlamento approvi la legge sulla violenza interreligiosa
Il mancato inserimento della legge sulla violenza interreligiosa nelle sessioni invernali
del parlamento indiano ha suscitato il forte disappunto della Conferenza episcopale
indiana (Cbci) che definisce la Communal Violence Bill (Cvb) una legge “urgente”
e di “primaria importanza”, per una democrazia matura come quella del’India. Voluta
dal National Advisory Council (Nac) di Sonia Gandhi, la Cvb conferisce al governo
centrale il potere di intervenire in maniera diretta nei casi di violenza interreligiosa,
scavalcando le autorità statali. L’esigenza di tale legge è emersa dopo i fatti del
Gujarat (2003) e dell’Orissa (2008) in cui, davanti a enormi violenze indù-musulmane
e dei radicali indù contro i cristiani, Delhi non è potuta intervenire senza la richiesta
del governo locale. Forze dell’opposizione, alcuni alleati della Gandhi e attivisti
continuano a criticare il disegno di legge, giudicato incostituzionale proprio per
questa possibilità assegnata alle autorità centrali. Per la Conferenza episcopale
la legge è disegnata per garantire alle autorità statali di poter esercitare le loro
funzioni in modo equo e imparziale. Per sostenere questo, la Cbci ha chiarito, attraverso
l'agenzia AsiaNews, due punti giudicati “controversi” dai detrattori della Cvb. Il
primo riguarda la definizione di “gruppo”, inteso come una minoranza religiosa o etnica,
in qualunque Stato indiano, o caste e tribù registrate secondo le clausole 24 e 25
dell’art.366 (definizione delle caste e delle tribù, ndr) della Costituzione. “Per
i detrattori – spiega la Cbci – tale affermazione divide la nazione. Ma in nessun
punto la legge discrimina la maggioranza. Anzi, la Cvb consente sia alle vittime di
comunità di maggioranza che a quelle di comunità di minoranza di beneficiare degli
stessi diritti”. La seconda polemica ruota intorno all’intervento diretto del governo
centrale e al potere dell’autorità nazionale di dare disposizioni ai funzionari statali.
In realtà, secondo la Conferenza episcopale indiana, “la legge prevede solo la creazione
di un’autorità nazionale con il compito di controllare i casi di violenza interreligiosa.
Tale organismo avrebbe solo carattere informativo, registrando i casi in cui sono
riscontrate lacune giudiziarie”. (M.G.)