2012-01-01 07:21:41

La Donna africana : madre e « artefice della pace »


Il primo gennaio la Chiesa celebra la Solennità di Maria, Madre di Dio, e la Giornata Mondiale della Pace. Quest’anno le due commemorazioni avranno, per le donne africane, un significato del tutto particolare. Esse ricoprono il duplice ruolo di «madri», da sempre loro attribuito, e di «artigiane della pace», immagine che solo recentemente ha trovato conferma ufficiale, nella percezione comune della realtà locale e, a livello internazionale, con l’attribuzione del premio Nobel per la Pace a tre donne.
In passato, il contributo femminile nel processo di stabilizzazione dei Paesi in conflitto è stato spesso sottovalutato, a causa del pregiudizio che spinge ad associare le questioni concernenti la guerra più che altro agli uomini. Nella maggior parte dei casi le donne sono state invece percepite semplicemente quali «vittime passive» della violenza. I loro sforzi per far prevalere il dialogo sulle armi sono rimasti a lungo nell’ombra, non appoggiati né ricompensati, mentre il talento e la sensibilità umana delle donne sta ora emergendo in tutte le dimensioni della vita della società. Dalla famiglia, alla sensibilità intuitiva, fino alle espressioni più visibili del ‘genio’ femminile, il ruolo delle donne è indispensabile per compiere i passi decisivi per la pace nella dimensione locale, nazionale e internazionale.

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Con questo Premio Nobel 2011, il ruolo delle donne nei processi di pacificazione in Africa e nel mondo viene finalmente riconosciuto. Non saremo più escluse », hanno detto le liberiane Ellen Johnson Sirleaf e Leymah Gbowee, e la yemenita Tawwakkol Karman, nel dedicare il premio alle donne del mondo intero : alle donne che hanno portato il peso delle guerre, vittime di violenza, di schiavitù sessuale, alle madri che hanno dovuto crescere da sole i figli quando, spesso, i mariti erano costretti a partire in guerra. «
Le donne non saranno più classificate come semplici vittime di un conflitto, ma come attori decisivi nel processo di risoluzione dello stesso ».

Con due ulteriori azioni – il conferimento del "Right Livelihood Award" (o Nobel alternativo) alla giurista ciadiana Jacqueline Moudeina, e della carica di futuro Procuratore Generale alla Corte Penale Internazionale alla gambiana Fatou Bensouda – la Comunità Internazionale ha dimostrato di aver preso ufficialmente atto che in Africa le donne sono strumenti concreti di creazione del consenso. Il compito che la società ha assegnato loro e le differenti esperienze maturate negli anni hanno rafforzato la loro capacità di negoziazione.
Le donne si preoccupano della comunità, esprimendo i valori della solidarietà e dell’apertura all’ascolto, e sono attive in vari contesti, dalla sanità all’educazione, all’alimentazione. Le donne si prendono cura dell’essere umano, innanzitutto come madri. Si occupano dei bambini, aiutandoli a crescere, del foyer domestico e della famiglia.
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La loro lotta non violenta in favore della sicurezza e del pieno diritto, per le donne, di partecipare al processo di pace ; l’impegno silenzioso e discreto nella ricerca e nella costruzione della pace » : queste le motivazioni alla base della scelta di conferire loro il Nobel, ad Oslo, per l’anno 2011.

La prima donna africana ad aver ricevuto un Premio Nobel, la keniana Wangari Mathaii, si è spenta nel mese di ottobre in un clima di discrezione generale. Aveva guidato l’importante progetto di rimboschimento dell’Africa (il « Movimento della cintura verde ») ed era stata ostacolata e imprigionata a più riprese per aver difeso anche in altri contesti, ma sempre con ardore, i diritti umani.
Leymah Gbowee è una militante pacifista ; ha contribuito concretamente a mettere fine alla guerra civile che ha stravolto la Liberia fino al 2003. Il suo impegno in favore del movimento non-violento le ha procurato il soprannome di « guerriera della pace », sulla scena internazionale.
La gambiana Fatou Bensouda ha ricoperto il ruolo di Consigliere Giuridico e Sostituto del Procuratore presso il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda.
Jacqueline Moudeina, avvocato, ha difeso le vittime della violenza politica operata dall’ex-Presidente ciadiano, Hissène Habré, assumendo posizioni esplicitamente anti-governative, contro i suoi complici, ed esponendosi in prima linea ad enormi rischi.
È davvero necessario investire maggiormente in favore delle donne
: ecco l’insegnamento essenziale che si può trarre dagli sforzi compiuti da queste donne esemplari. Esistono in Africa cooperative femminili impegnate nel campo dell’agricoltura, del commercio, dell’educazione, nella trasformazione dei prodotti alimentari e che fanno da “apripista” nella pratica del micro-credito.
Grazie al loro istinto materno le donne lottano continuamente, e con successo, per la difesa della vita. Anche l’educazione sanitaria in numerosi villaggi è oggi gestita da donne, e sono soprattutto loro a guidare i movimenti per il cambiamento di determinate pratiche tradizionali lesive dei diritti umani. Migliaia di organizzazioni femminili sono impegnate in politica, nelle questioni sociali, e lavorano ogni giorno per tessere solidi rapporti di fiducia, nelle situazioni post-conflitto.

Naturalmente, anche la Chiesa fa la sua parte, specialmente attraverso i Movimenti di Azione cattolica. Nell’Esortazione Apostolica post-Sinodale, Africae Munus, è presente un esplicito riconoscimento del contributo indispensabile e del talento insostituibile delle donne in ambito familiare, nella società e nella comunità ecclesiale. I vescovi del continente sono invitati a incoraggiare la formazione delle donne, perché esse possano partecipare con responsabilità alla vita comunitaria, nella vita civile e nella Chiesa, contribuendo in tal modo all’ « umanizzazione » complessiva della società.

(A cura di Marie José Muando Buabualo, del programma francese per l’Africa).








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