Colpi di mortaio da Gaza su Israele, palestinese ferito da israeliani. Pizzaballa:
pace difficile
Per questo 2012, appena iniziato, le speranze della comunità internazionale guardano
anche al processo di pace in Medio Oriente, con particolare attenzione per i rapporti
israelo-palestinesi, gli esiti della primavera araba in Egitto e Siria e la realtà
delle comunità cristiane. Questa mattina due colpi di mortaio sono stati sparati da
Gaza in territorio israeliano, ma senza fare vittime. Invece, ieri sera, soldati israeliani
hanno ferito un palestinese della Striscia di Gaza che non aveva obbedito all'ordine
di allontanarsi dal confine. Sulle speranze di pace in quest'area Giancarlo La
Vella ha intervistato padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa:
R. – Credo
che una speranza di pace immediata sia difficile. Guardando con un sano realismo cristiano
la situazione, è evidente che ci sono situazioni di tensione in tutto il Medio Oriente
per i cambiamenti iniziati con la cosiddetta Primavera araba che stanno sconvolgendo
la vita sociale di tutto il Medio Oriente. Penso che tutti questi cambiamenti richiederanno
ancora molto tempo prima che portino ad una stabilità, quindi anche ad una pace.
D.
- È possibile almeno, sperare nella ripresa del dialogo tra israeliani e palestinesi?
R.
- Forse ci sarà un maggiore dialogo tra le diverse fazioni palestinesi; ma in questo
momento, tra palestinesi ed israeliani la vedo un po’ difficile, perché non vedo iniziative
concrete che facciano sperare in un cambiamento improvviso.
D. - Qual
è il nodo cruciale che dovrebbe essere affrontato?
R. - Tutti i nodi
sono stati affrontati: profughi, insediamenti, Gerusalemme, i confini… Ora, si tratta
solo di avere la volontà di risolvere questi problemi che – ripeto - sono già stati
affrontati e anche le soluzioni sono note. Da entrambe le parti c’è stata, e c’è ancora,
sofferenza, dolore, frustrazioni, ferite che hanno segnato la vita di intere popolazioni,
e che ora sono anche l’origine di una sorta di stanchezza che è anche l’origine di
una mancanza di volontà di cambiare, di fare qualcosa. Si dovrà attendere sicuramente
del tempo, si dovrà lavorare in diversi ambiti: religiosi, informativi - oltre che
politici - perché si riprenda questo filo, e soprattutto fare in modo che questa sofferenza
non sia fine a se stessa, ma produca qualcosa di positivo.
D. - Il 2012
potrà essere un anno nuovo anche per la comunità cristiana?
R. - Ce
lo auguriamo tutti. Il rapporto con la comunità cristiana è un po’ la cartina di tornasole
che serve per comprendere che tipo di cambiamenti ci saranno, e in che direzione andranno,
non solo in Terra Santa, ma soprattutto, su tutto il Medio Oriente; penso in particolare
all’Egitto e alla Siria. I cristiani sono particolarmente esposti in questo momento
a persecuzioni, a critiche. È importante comunque, proprio per questo, agevolare e
iniziare tutte le possibili vie di dialogo e di convivenza tra la maggioranza e la
minoranza cristiana.
D. - Si è fermato l’esodo dei cristiani?
R.
– In questo momento dalla Terra Santa non c’è il grande esodo. Ci sono ancora persone
che se ne vanno, ma non nella misura così acuta che abbiamo visto negli anni passati.
Dal resto del Medio Oriente invece, la tentazione è molto forte, soprattutto dall’Egitto
e dalla Siria. (bi)