Egitto: i copti chiedono più sicurezza per le celebrazioni del Natale ortodosso
Fra la comunità cristiana copta dell’Egitto sale il timore di nuovi attacchi in vista
delle festività di fine anno e del Natale ortodosso (6 gennaio), dopo quelli avvenuti
nel capodanno 2011 ad Alessandria e nel 2010 a Nag Hammadi (Luxor). A fomentare la
tensione vi sono le continue dichiarazioni dell’esercito sulla presenza di non specificate
forze esterne interessate a scatenare il caos nel Paese prima del 25 gennaio, anniversario
della rivoluzione dei Gelsomini che ha portato alla caduta del sistema di potere di
Mubarak. Nei giorni scorsi, Kiryllos, vescovo copto ortodosso di Nag Hammadi ha lanciato
un appello al generale Tantawi, capo del Consiglio supremo dei militari (Scaf), per
chiedere sicurezza durante le celebrazioni. “Ho ricevuto diverse minacce di attentati
contro la mia diocesi – ha detto il presule all'agenzia AsiaNews – e ho chiesto alla
polizia di proteggere la comunità”. Ieri, lo Scaf ha assicurato ai copti la massima
protezione. All’appello hanno risposto anche i Fratelli musulmani, vincitori delle
prime due tornate delle elezioni parlamentari, annunciando che collaboreranno con
i militari nel mantenere la sicurezza intorno alle chiese copte durante le festività.
È infatti ancora vivo il ricordo della notte di capodanno 2011, quando ad Alessandria
un’autobomba esplose durante una messa della comunità copta, uccidendo 21 persone.
A causa dell’attacco scoppiarono scontri fra cristiani e musulmani, ma è poi emerso
che l’attentato era orchestrato dai servizi segreti di Habib el-Adly, ministro degli
Interni del governo Mubarak. Circa un anno prima, il 6 gennaio 2010, un commando armato
aprì il fuoco contro un gruppo di fedeli della chiesa di San Giovanni a Nag Hammadi,
uccidendo sette persone. All’epoca la polizia aveva ignorato le ripetute richieste
di protezione della comunità copta. Nessun poliziotto era di guardia al momento dell’attacco.
A causa di tutto ciò i cristiani non ripongono molta fiducia nell’esercito, legato
al vecchio regime. Padre Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana,
sottolinea che “l’esercito pensa solo a proteggere se stesso e il proprio potere e
non i valori della rivoluzione”. Un esempio di questo atteggiamento è il recente raid
dei militari negli uffici di 17 organizzazioni per i diritti umani finanziate da Stati
Uniti, Unione Europea e altri Paesi stranieri. Esse sono accusate di non avere i permessi
per lavorare nel Paese. “I militari – afferma il sacerdote - hanno sequestrato computer,
documenti e bloccato tutti i conti. Essi si sono giustificati sostenendo che queste
organizzazioni finanziavano movimenti e partiti pericolosi per la stabilità del Paese”.
Fra le associazioni prese di mira vi sono: la Caritas, il National Democratic Istitute
(Ndi), l’International Republican Institute (Iri) e l’Arab Centre for Indipendence
and Justice. Secondo padre Greiche l’esercito teme le future elezioni presidenziali
del 25 gennaio e utilizza metodi forti per spegnere qualsiasi forma di dissenso. (M.G.)