Ancora vittime in Siria, ma secondo gli osservatori della Lega Araba ad Homs situazione
nella normalità
Nonostante la missione diplomatica della Lega Araba, in Siria si continua a morire.
Anche ieri altre vittime della repressione nel corso di nuove manifestazioni antiregime.
Interdetta, intatto, la comunità internazionale di fronte alle dichiarazioni degli
osservatori che avrebbero incredibilmente ridimensionato la gravità della situazione.
Sentiamo Marina Calculli:
Per una testimonianza
su quanto sta realmente avvenendo a Homs e nel resto della Siria, Giada Aquilino ha
intervistato il medico siriano Feisal Al Mohamad, da 42 anni in Italia, attualmente
coordinatore generale dell’Unione dei coordinamenti in Italia per il sostegno alla
rivoluzione siriana:
R. – L’informazione
che abbiamo noi è che ci sono morti tutti i giorni e che ieri durante la missione
degli ispettori ci sono state vittime. Gli accompagnatori degli stessi osservatori,
appartenenti al regime, hanno detto: “Vedete, quelli che sparano non sono militari,
sono civili”. Le definiscono bande finanziate e armate dall’estero. Ma per noi sono
militari vestiti in abiti civili.
D. – Come avete raccolto queste informazioni?
R.
– Direttamente dagli abitanti, con il telefono. Sappiamo addirittura il nome e il
cognome dei morti.
D. – Il capo degli osservatori, Al Dabi, ha detto
che non sono stati visti carri armati in giro ad Homs...
R. – I carri
armati sono stati ritirati nelle caserme e ce ne sono molte ad Homs. Nella città,
infatti, c’è una scuola militare molto grossa e una altrettanto grossa caserma, una
delle più importanti caserme del Paese.
D. – Quale altro dato avete?
R.
– Ieri si sono raccolti circa 70, 80 mila dimostranti che volevano manifestare. Li
hanno bloccati perché non arrivassero nella zona dove si erano dati appuntamento per
il raduno. Quindi, gli osservatori non sono riusciti a vedere i manifestanti.
D.
– Secondo lei, quindi, qual è la situazione in Siria in queste ore?
R.
– In Siria, dal momento in cui hanno deciso di mandare gli osservatori, i morti sono
triplicati e quadruplicati in alcuni giorni, con un aumento del numero dei bambini.
Quindi, non so fino a che punto si possa parlare di ispettori che potrebbero risolvere
il problema. I posti di blocco continuano, le sparatorie continuano e i cecchini continuano
a stare sui tetti delle case. Non so, quindi, se questo sia il prezzo da pagare per
dire che questa missione è fallita ed eventualmente far sì che le cose evolvano in
modo da mandare tutto al Consiglio di Sicurezza – cosa che noi auspichiamo – oppure
se è tutta una ‘sceneggiata’ che stanno facendo, perché la situazione geopolitica
è quella che è e conta l’Iran, le esercitazioni nello stretto di Hormuz, la questione
del petrolio e così via. Bisogna quindi affrontare la questione secondo vari punti
di vista.
D. – Lei è medico e ha parlato di un aumento delle morti,
anche tra i bambini. Quali sono le emergenze sanitarie più grandi in questo momento
in Siria?
R. – In Siria non è che manchino i medicinali: mancano più
coperte che medicinali. Ad Homs, per esempio, hanno fatto qualcosa di davvero disumano:
prendere gli abiti e le coperte e bruciarle, usando i bambini come arma di ricatto,
di fronte ai genitori. Si muore dal freddo. La città di Homs è una città molto fredda.
E, mancando il gasolio che è l’unico elemento usato per il riscaldamento, cosa succede?
Coperte non ce ne sono, gasolio non ce n’è: si alzano le mani e la bandiera, per riscaldare
i propri figli. Questo è il ricatto che usano. (ap)